La scoperta L'autrice lavora nell'Archivio segreto della Santa Sede
La studiosa vaticana: «Ho le carte, i Templari adoravano la Sindone»
«L'idolo per cui furono condannati era Cristo»
CITTÀ DEL VATICANO — Ora lo sappiamo: i Templari, in effetti, adoravano un «idolo barbuto». Però non era Bafometto, come volevano gli inquisitori che li processarono per arrivare a sciogliere nel 1314 l'ordine più potente e illustre del medioevo cristiano, il «grande complotto innescato nel 1307 dal re di Francia Filippo IV il Bello». E non era neanche un idolo, in verità, per quanto senza dubbio fosse barbuto: l'oggetto della loro venerazione era la Sindone, il telo di lino che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù e ne reca impressa l'immagine. Furono i Cavalieri a custodire in gran segreto la Sindone nel secolo e mezzo in cui se ne perdono le tracce, dal saccheggio di Costantinopoli del 1204 alla ricomparsa in Europa a metà del Trecento. Si tratta di argomenti sui quali fioccano le bufale e il 99 per cento di ciò che si racconta, Umberto Eco docet, è «spazzatura».
Ma qui la fonte è più che affidabile: lo scrive l'Osservatore Romano, anticipando alcune pagine de «I templari e la sindone di Cristo», il nuovo libro di Barbara Frale che il Mulino pubblicherà entro l'estate. L'autrice è una giovane e serissima ricercatrice dell'Archivio segreto vaticano che da anni studia e scrive dei Templari. Attingendo ai documenti del processo, cita tra l'altro la testimonianza della «prova d'ingresso», nel 1287, di «un giovane di buona famiglia del meridione francese», Arnaut Sabbatier: «Il precettore condusse il giovane Arnaut in un luogo chiuso, accessibile ai soli frati del Tempio: qui gli mostrò un lungo telo di lino che portava impressa la figura di un uomo e gli impose di adorarlo baciandogli per tre volte i piedi».
Nel 1978 fu lo storico di Oxford Ian Wilson, ricorda la studiosa, il primo a sostenere la tesi che il misterioso «idolo» barbuto dei Templari fosse in realtà il telo rubato dalla cappella degli imperatori bizantini nel 1204, durante la quarta crociata, e che i Cavalieri l'avessero custodito in segreto. Ora Barbara Frale spiega di aver trovato «molti tasselli mancanti» a sostegno della teoria. Fonti inedite che spiegano anche le ragioni dell'adorazione e della segretezza. «I Templari si procurarono la sindone per scongiurare il rischio che il loro ordine subisse la stessa contaminazione ereticale che stava affliggendo gran parte della società cristiana al loro tempo: era il miglior antidoto contro tutte le eresie», scrive. «I catari e gli altri eretici affermavano che Cristo non aveva vero corpo umano né vero sangue, che non aveva mai sofferto la Passione, non era mai morto, non era risorto». Che l'avessero trafugata i Templari o fosse stata comprata, doveva rimanere celata: sui responsabili del saccheggio pendeva la scomunica di Papa Innocenzo III. Ma era una reliquia potente e ne valeva la pena: «L'umanità di Cristo che i catari dicevano immaginaria, si poteva invece vedere, toccare, baciare. Questo è qualcosa che per l'uomo del medioevo non aveva prezzo».
Gian Guido Vecchi
05 aprile 2009
La studiosa vaticana: «Ho le carte, i Templari adoravano la Sindone»
«L'idolo per cui furono condannati era Cristo»
CITTÀ DEL VATICANO — Ora lo sappiamo: i Templari, in effetti, adoravano un «idolo barbuto». Però non era Bafometto, come volevano gli inquisitori che li processarono per arrivare a sciogliere nel 1314 l'ordine più potente e illustre del medioevo cristiano, il «grande complotto innescato nel 1307 dal re di Francia Filippo IV il Bello». E non era neanche un idolo, in verità, per quanto senza dubbio fosse barbuto: l'oggetto della loro venerazione era la Sindone, il telo di lino che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù e ne reca impressa l'immagine. Furono i Cavalieri a custodire in gran segreto la Sindone nel secolo e mezzo in cui se ne perdono le tracce, dal saccheggio di Costantinopoli del 1204 alla ricomparsa in Europa a metà del Trecento. Si tratta di argomenti sui quali fioccano le bufale e il 99 per cento di ciò che si racconta, Umberto Eco docet, è «spazzatura».
Ma qui la fonte è più che affidabile: lo scrive l'Osservatore Romano, anticipando alcune pagine de «I templari e la sindone di Cristo», il nuovo libro di Barbara Frale che il Mulino pubblicherà entro l'estate. L'autrice è una giovane e serissima ricercatrice dell'Archivio segreto vaticano che da anni studia e scrive dei Templari. Attingendo ai documenti del processo, cita tra l'altro la testimonianza della «prova d'ingresso», nel 1287, di «un giovane di buona famiglia del meridione francese», Arnaut Sabbatier: «Il precettore condusse il giovane Arnaut in un luogo chiuso, accessibile ai soli frati del Tempio: qui gli mostrò un lungo telo di lino che portava impressa la figura di un uomo e gli impose di adorarlo baciandogli per tre volte i piedi».
Nel 1978 fu lo storico di Oxford Ian Wilson, ricorda la studiosa, il primo a sostenere la tesi che il misterioso «idolo» barbuto dei Templari fosse in realtà il telo rubato dalla cappella degli imperatori bizantini nel 1204, durante la quarta crociata, e che i Cavalieri l'avessero custodito in segreto. Ora Barbara Frale spiega di aver trovato «molti tasselli mancanti» a sostegno della teoria. Fonti inedite che spiegano anche le ragioni dell'adorazione e della segretezza. «I Templari si procurarono la sindone per scongiurare il rischio che il loro ordine subisse la stessa contaminazione ereticale che stava affliggendo gran parte della società cristiana al loro tempo: era il miglior antidoto contro tutte le eresie», scrive. «I catari e gli altri eretici affermavano che Cristo non aveva vero corpo umano né vero sangue, che non aveva mai sofferto la Passione, non era mai morto, non era risorto». Che l'avessero trafugata i Templari o fosse stata comprata, doveva rimanere celata: sui responsabili del saccheggio pendeva la scomunica di Papa Innocenzo III. Ma era una reliquia potente e ne valeva la pena: «L'umanità di Cristo che i catari dicevano immaginaria, si poteva invece vedere, toccare, baciare. Questo è qualcosa che per l'uomo del medioevo non aveva prezzo».
Gian Guido Vecchi
05 aprile 2009
Molto interessante,
RispondiEliminaanche per i discorsi che facevamo,tempo indietro sul gruppo, a questo proposito. Così verrebbe spiegato quel lungo periodo di "assenza" della Sindone e la sua scomparsa da Bisanzio. Vedremo se usciranno notizie più dettagliate tipo il luogo dove fu custodita e cosa accadde,dopo lo scioglimento coatto dell'ordine
Marcello
Interessantissimo e bello!
RispondiEliminaCredo che acquisterò questo libro perché mi appassionano le vicende storiche documentate accuratamente e non inventate dalla fantasia di chi vuol far quattrini!
Ciao!
Anna
Sono contenta Anna di averti dato materia di interesse, ma bisognerà ringraziare Luchy che mi ha segnalato l'articolo.
RispondiEliminaCiao Ambra
Ehm... devo imparare a conoscervi!
RispondiEliminaConosco solo Nessie e, di nome, Marshal; oltre che il carissimo Marcello!
Dunque io sono ambrarosa=Ambra, Luchy è Luciano Baroni, ma piano piano entreremo in confidenza. Ciao Ambra
RispondiEliminaPiacere!
RispondiEliminaIo mi chiamo Maria Vittoria, ma il mio nome "universalmente" ;-) conosciuto è Anna o AnnaV
Ciao!
ANNA ! E' un nome che mi piace.
RispondiEliminaCiao Anna e sentiamoci spesso. Ambra
p. s. Ambra è il mio vero nome anche se ha origini...letterarie(?), mia madre trovò un poemetto di Lorenzo il magnifico così intitolato e me ne dette il nome.
Molto interessante questo articolo tanto che anche a me è venuto l'interesse di leggere il libro appena uscirà
RispondiEliminaCiao Anna, ho letto le cose che hai postato e che non ho commentato solo per mancanza di tempo.
Ciao Maria!
RispondiEliminabenissimo! grazie a Marcello, conosco anche Ambra e Maria!
Ambra, sapessi!
Il tuo nome è legato ad un dolce ricordo... ospedaliero: si tratta di una bimbeta di sei anni, Ambra, e della mamma che l'accompagnava.
Da loro due ho capito meglio che l'amore non ha etichette. Se trovo l'articolo scritto allora per un mensile locale lo posto!
Se un'opera è pubblicata da "Il Mulino" è di (quasi) certa autorevolezza, anche se non necessariamente quel che scrive è vero.
RispondiEliminaPer il resto, è indubbio che quel che si scritto sui Templari come detentori di presunte "dottrine segrete" sia opera di ciarlatani da baraccone da fiera: i Templari furono processati con false accuse e falsi testimoni per puri motivi di denaro, al fine di confiscarne gli ingenti beni.
Marco de Turris non sai di cosa parli.
RispondiEliminaI templari furono sciolti da papa Clemente con tanto di bolla, la vox in excelso, nella quale scomunica coloro che indosseranno le vesti dei templari e porteranno ancora quel nome. Questa scomunica è ancora vigente e NESSUN PAPA l'ha mai revocata. Ne vuoi sapere più dei pontefici regnanti?
Nessun falso testimone, le prove furono raccolte dalla Santa Inquisizione, composta da frati domenica con a capo Imbert. Quanto poi il re francese non avesse alcuna pretesa sui beni dell'Ordine è lo stesso papa a dircelo nella sua bolla ( ma l'hai letta?).
Tra i capi d'accusa provati ci fu il fatidico sputo sulla croce praticato da ogni templare all'inizio della cerimonia d'investitura.
E' lo stesso De Molay a confessarlo anche ai tre legati del papa, come recita il documento di Chinon. Solo quando De Molay e gli altri capi del Tempio si dichiararono pentiti, il papa, cristianamente, li assolse in segreto. Quando poi cambiarono idea, finirono al rogo come eretici non pentiti e lo stesso De Molay morì maledicendo il pontefice.
Studia meglio la Storia, sopratutto quella medioevale!