martedì 28 aprile 2009

Lo stato attuale dei cattolici Sedevacantism e antipapi

Forse interessa conoscere quanto qui riportato.

http://www.cesnur.org/2009/plz_sedevacantism.htm

lunedì 27 aprile 2009

E' forse questa la cappella della Madonna del Carmine ?


Peccato che non riesco a copiare l'immagine dove si vede anche l'altare, ma si può trovare andando a questo link

http://www.italianchurch.org.uk/Photographs.aspx?gal=000-Chiesa#

Un altare in scagliola di marmo


Dedicato a Marcello
Un'amica, di ritorno da un viaggio a Londra, conoscendo della mia passione e ammirazione per le cose belle, mi ha portato un libro illustrato, magnificamente stampato, che parla della St Peter's Italian Churc (Chiesa Italiana di San Pietro). E' una chiesa fondata nel 1863 da San Vincenzo Pallotti, per gli emigranti italiani di Londra.
All'interno della chiesa vi sono tre cappelle laterali, delle quali una è dedicata alla Madonna del Carmine. La sua ricorrenza è il 16 luglio, e in tale data, o nella domenica immediatamente successiva, in quella chiesa si svolge una solenne processione (di fatto questa processione sembra sia stata la prima manifestazione pubblica di fede della Chiesa Cattolica sin dai tempi della Riforma di Enrico VIII ed è ancora ora uno dei pochi eventi di questo tipo a Londra).

Mi ha colpito la descrizione della Cappella, per la quale tra l'altro è scritto:
La bella statua della Madonna del Carmine è solennemente portata in processione durante la tradizionale e sentitissima festa di metà luglio. Nella cappella è fiancheggiata dai mosaici con i santi patroni d'Italia Santa Caterina e San Francesco. L'altare è di scagliola di marmo blu e di madreperla. Nella nicchia a destra vi è un bel Crocifisso, e sotto un'immagine della Sindone di Torino.

giovedì 23 aprile 2009

Dio è una variabile indipendente.

E’ particolarmente scoraggiante, dal punto di vista evolutivo, ma anche dal punto di vista scientifico per la verità, la specie di editto in virtù del quale, un musulmano non può ricevere o donare organi ad un esponente di altra religione e viceversa.

Ho paura di queste manifestazioni di religioni che, in linea teorica, dovrebbero unire anziché dividere.
Gesù, dove è finito il tuo “buon Samaritano”? Cosa ne hanno fatto?

Ho paura delle religioni in genere e della loro sicurezza: della sicurezza dell’esistenza di Dio, del definirsi rappresentanti dello stesso Dio in terra, di come pretendono di pontificare sul Bene e sul cosiddetto Male, ecc.

Ma da dove deriva loro, questa sicurezza, Dio solo lo sa.

E poi, è proprio così importante avere la sicurezza della Sua esistenza? Si è proprio sicuri di volere avere la certezza di questa esistenza?

Se, Dio non voglia, dovessimo averne la certezza, la nostra vita non sarebbe altro che una noiosa litania di paure e di uniformità di comportamento, sarebbe una noia, insomma, la tomba dell’Evoluzione spirituale.

Si vuole, invece, mettere la noiosa certezza con il meraviglioso Dubbio? Con la Fede non fideistica agostiniana bensì quella complementare alla Ragione?

Insomma non sarebbe un ottimo indicatore evolutivo il fatto che ci comportassimo in maniera civile perché la nostra Ragione ci dice di farlo e non perché c’è la sicurezza di un Dio che starebbe sempre lì attento a quel che facciamo ed implacabile nella punizione, magari eterna, altra grande eresia, questa?

E queste religioni, poi, che pretendono di rappresentare il Dio in terra!

Ma veramente credono che questa enorme Forza, Spinta Creatrice, impensabile per la nostra mente, questa Intelligenza infinita, abbia bisogno di essere rappresentata?

Ma andiamo, signori!! Questo è puerile.

Così come è puerile chi, non dando credito alle religioni, esclude l’esistenza di Dio come se le stesse religioni ne avessero l’esclusiva. Parafrasando un celebre detto sindacalese, si può dire che Dio è una variabile indipendente dalle religioni.

Ed è anche puerile chi dice che se Dio vuole che si creda in Lui, si facesse vedere, si mostrasse, facesse qualche eclatante miracolo.

Questo discorso è un po’ come se un batterio dicesse che non crede al Sole: che questi si facesse vedere ed allora il discorso sarebbe diverso…

Ma il fatto è che il Sole esiste, è lì e se non ci fosse, il batterio morirebbe. Punto.

Ecco, il discorso è simile ed ancora: ma perché mai Dio dovrebbe dimostrare qualcosa ed a chi?

Ma veramente si crede che abbia di queste esigenze?

Ecco perché le religioni mi fanno paura: perché, dicono loro, hanno certezze.

Ed io delle certezze non mi fido e sono, per di più, dannose, addormentano il cervello: è così e basta, è inutile pensare.

Molto meglio il benefico Dubbio: stimola il cervello ed è una perfetta macchina virtuale che costringe a farsi domande e quindi, a pensare.

Ed è proprio nel fatto che noi,non avremo mai la certezza della Sua esistenza, che io ci vedo Dio.

Ed il Dubbio è un Suo magnifico dono.

La VERA Liberazione

Cimitero Americano dei Falciani


Il cimitero occupa una superficie di 28 ettari che in parte si estende nel territorio comunale di Impruneta in località Falciani, e la restante parte ricade sotto l'amministrazione del comune di San Casciano Val di Pesa, in località Scopeti (FI)


ingresso


Iniziato a costruire nel 1949, quando vi vengono seppellite le prime salme, viene completato nel 1959 e ufficialmente inaugurato nel 1961. Gli architetti McKim, Mead e White di New York vengono incaricati della progettazione del cimitero e del memoriale, mentre gli architetti paesaggisti Clarke e Rapuano provvedono alla sistemazione delle aree verdi.


bandiera



Il cimitero sorge in un'area in lieve declivio immersa in una zona boschiva e attraversata dal fiume Greve. La monumentale costruzione del memoriale, posto alla sommità della distesa di croci bianche disposte sul pendio collinare, è individuabile anche a distanza sia percorrendo la superstrada Firenze-Siena che la via Cassia.


Il territorio circostante, caratterizzato da un'intensa e rigogliosa vegetazione, conferisce al luogo un pregevole valore ambientale e paesaggistico. Nel 1947 la Commissione americana per i monumenti di guerra, costituita nel 1923, si occupa di riunire in sepolcreti permanenti le salme dei militari caduti sul suolo straniero durante il secondo conflitto mondiale.


dsc00423


Due accessi dalla via Cassia convergono, tramite un percorso a esedra, all'ingresso costituito da due costruzioni speculari a un piano rivestite in marmo bianco che ospitano la portineria e una saletta di accoglienza per i visitatori. Oltrepassato il ponte sulla Greve, cipressi, platani e querce circondano il sepolcreto che si estende in lieve declivio.


Le 4.402 salme disposte in otto sezioni sono individualmente contrassegnate da croci latine per i caduti di religione cristiana e da stelle di Davide per quelli di religione ebraica.


dsc004281


Il Sacrario


In posizione centrale, due ampi viali alberati conducono in cima alle tre terrazze sulle quali sorge il memoriale dedicato ai caduti di guerra le cui spoglie non sono mai state recuperate. Il sacrario consiste di due atri rivolti verso valle collegati tra loro da un muro rivestito da lastre di granito rosa di Bavano su cui vi sono riportati 1.409 nomi e relativi gradi, unità di appartenenza e stato di origine dei dispersi.


All'interno dell'atrio a nord, su un'intera parete è stata realizzata una mappa con scaglie di marmo a intarsi, disegnata da Bruno Bearzi, che riproduce le operazioni belliche condotte nel nord Italia. Le iscrizioni sui pannelli di granito che ricoprono le pareti laterali descrivono la mappa con testo in inglese e in italiano.


dsc00418


Dal vestibolo a sud si accede, tramite una porta in bronzo e vetri, alla cappella. Si tratta di un vano di modeste dimensioni interamente ricoperto di marmi colorati, dietro l'altare di marmo nero del Belgio si trova un prezioso mosaico disegnato da Barry Faulkner e realizzato da Fabrizio Cassio, raffigurante la rimembranza. Le due paraste ai lati dell'altare sono di marmo rosso Colle mandino della Versilia così come le pareti interne, il pavimento è di lastre di marmo verde serpentino, mentre un lucernario a stelle permette alla luce diurna di filtrare all'interno della cappella.


dsc00417


All'esterno, sotto i due vestiboli, due fontane a getto continuo sono disposte in due vasche di forma rettangolare con rivestimento di travertino. Davanti al sacrario si eleva una stele alta 20 m di forma prismatica rivestita di travertino alla cui sommità è posta una scultura in marmo dello scultore Sidney Waugh, raffigurante lo spirito della pace.


dsc00419



Grazie America




(la descrizione da wikipedia le immagini gentilmente inviateci dal Claudio)

domenica 19 aprile 2009

ALCUNE OSSERVAZIONI SULLA TRASFIGURAZIONE DI CRISTO

La civiltà mesopotamica aveva elaborato la credenza in un alone luminoso, melammu, irraggiante dagli dei e dalle loro statue. Da questa concezione discende nel tempo l’analoga concezione, inizialmente diffusa nel Vicino Oriente antico e nell’area indoiranica, di un’aureola luminosa caratteristica dei personaggi divini e dei sovrani legittimi. Particolarmente forte era nelle culture persiane ed indiane la nozione di “gloria luminosa”, varenya in lingua vedica, “Luce di Gloria” xvarnah, in lingua iranica, luce della primigenia creazione di Ahura Mazda, il cui simbolo è la luminosità dell’alba . Questa concezione interessa anche il mondo mediterraneo, giungendo a rappresentare il fondamento della credenza nelle apparizioni luminose, quali si possono ritrovare nel trattato Sui misteri del filosofo neoplatico Iamblico, oppure nella narrazione della nascita di Gesù contenuta nel Vangelo di Luca, ove il bambino neonato è presentato circondato dal fulgore delle schiere angeliche (particolare di probabile derivazione persiana, non solo nella luminosità ma anche nella presenza degli angeli) nei racconti evangelici (Mc. 9,1; Mt.17,1; Lc. 9,28) della trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, oltre alla narrazione degli Atti degli apostoli di Luca della discesa pentecostale dello Spirito Santo. Uno sviluppo della dottrina del melammu mesopotamico è anche la narrazione buddista della “trasfigurazione” di Sakiamuni, il quale, attorniato dai suoi discepoli, risplende circonfuso di luce sulla sommità di una scalinata della città indiana di Sankashya, episodio che si può porre in parallelo al suddetto episodio evangelico ambientato sul Tabor. Anzi, alcuni “eretici” della chiesa cristiana antica ritenevano che Gesù fosse diventato Dio a tutti gli effetti soltanto al momento della Trasfigurazione sul Tabor.
Tra le fonti che hanno condotto alla formazione del passo, si deve considerare anche il racconto di Es 24,12-18, dove Mosè e Giosuè salgono sul monte Sinai per ordine di Jahvé, mentre la “gloria divina” si irradia sul monte ed una nube incombe sulla montagna stessa. Una volta salito, Mosè s’inoltra nella nube. Si deve segnalare tra le fonti anche un altro passo, quello di Es 34,29-35, che dice che il volto di Mosè divenne luminose mentre si trovava in colloquio con Jahvé, inducendo a timore gli ebrei. Non si deve neppure dimenticare che nel giudaismo antico veterotestamentario esiste l’idea che alla fine dei tempi i volti dei “giusti” saranno circonfusi di luce, non diversamente dalle loro vesti. Infatti, nel giudaismo ellenistico si riteneva che, dopo la fine del mondo, il Giudizio Grande e la risurrezione, i giusti assumessero l’aspetto luminoso caratteristico degli angeli, luce che è quella divina e che si irradia dal Santo verso tutti gli esseri degni di essere partecipi della sua gloria. Anche lo splendore delle vesti appartiene al repertorio tradizionale ebraico delle immagini della condizione post mortem, per poi passare al Nuovo Testamento, oltre che il testo evangelico anche l’Apocalisse di Giovanni (Henoch, 62,15.16; Ap 3,4; 7,9). Inoltre, l’immagine della trasfigurazione luminosa delle vesti appartiene, prima ancora che alla religione sumerica, egiziana od a qualsiasi altra, all’attività mitopoietica della psiche umana; non sorprende pertanto che questa immagine simbolica appaia anche altrove, come ad esempio nelle fiabe, in cui la figlia del re, liberata dalla prigionia, porta vesti celesti nelle tre notti precedenti le nozze, nelle ore della massima luminosità del sole, della luna e delle stelle. Fiabe del genere sono, tra i racconti dei fratelli Grimm, Cenerentola od il Tamburino.
Nel racconto evangelico della Trasfigurazione del Cristo si ha l’applicazione di questo ordine di credenze ad un essere che è ritenuto, per applicare un termine induista in modo improprio, un “liberato in vita”. Il Cristo ascende verso la montagna e giunge a superare la realtà immanente, la Terra, per arrivare al Cielo, il livello trascendente, dove riceve la trasfigurazione luminosa che attende tutti i beati in futuro. La venuta del Cristo è già una attualizzazione delle speranze escatologiche, o meglio una loro promessa ed annuncio.
Proprio per questa sua valenza simbolica, l’immagine della Trasfigurazione ha conosciuto grandissima fortuna nel cristianesimo greco-orientale, cioè l’Ortodossia, che ne ha fatto uno dei modelli ispiratori della sua mistica, in particolare attraverso l’idea di luce divina increata, che viene ad essere partecipata all’uomo. La diversità fra cristianesimo greco e latino passa anzi anche per la diversa concezione della Trasfigurazione e l'interpretazione del concetto di "luce taboritica".

sabato 18 aprile 2009

La Resurrezione della carne?

"Noi ci volgiam coi principi celesti
d'un giro e d'un girare e d'una sete,
ai quali tu del mondo già dicesti:
”Voi che 'ntendendo il terzo Ciel movete"

Ma perché poi, ci dovrebbe essere questa resurrezione della carne? E come si dovrebbe risorgere? Nella forma migliore? E qual è la forma migliore? Uno vorrebbe la madre come la ricorda da bimbo. Un marito la vorrebbe nel fiore della sua giovinezza, invece. Un padre la vorrebbe da ragazza, prima che lasci la casa.
Io non la voglio!
Perché dovrei essere limitato dalla dimensione sensoriale?
Un buon oratore oppure scrittore si distingue per questo: esprime bene il concetto che ha in mente, supera il "collo di bottiglia", la strettoia che inevitabilmente si presenta quando si passa dal campo delle idee, immateriali ma ben presenti, al campo fisico tramite scritto o parole. Ne derivano revisioni, rifacimenti, riletture ecc.
Succede allo studioso, al poeta, ad un artista che, quando ha ancora voglia di continuare a lavorare, a creare, deve cedere alla stanchezza del corpo che lo chiama fortemente al riposo facendolo crollare per il sonno, magari con la penna in mano.
La mente non ha di questi problemi ma, dovendosi servire del "soma"per poter esprimersi, deve sottostare, assoggettarsi ai suoi limiti.
Ma se non fosse più vincolata alla materia con tutte le sue limitazioni non sarebbe meglio per la nostra parte sottile?
Potrebbe essere un lampo di luce nel buio, superare barriere temporali, esprimersi a velocità del pensiero senza parlare o scrivere. Potrebbe avere una visione ben più ampia di una immensità che forse, qui, non riusciamo neanche ad immaginare. Gli artisti, i poeti, gli scrittori, sono delle finestre in queste dimensioni.
Non potrebbe darsi, infatti, che l'ermetico "Mi illumino di Immenso" sia riferito a questa Dimensione? Una visione, una ispirazione del Poeta. Rende in maniera eccellente il concetto di come potrebbe essere una mente libera dalla materia. Il versetto non sarebbe più ermetico, sotto questo punto di vista almeno, bensì molto chiaro ed illuminante.
Ecco, io non voglio risorgere nella carne bensì rinascere “nello Spirito” come dice del resto, Gesù a Nicodemo.
Io spero di essere messo in condizioni di conoscere senza avere i limiti biologici, di sentire senza la radio e vedere senza la televisione, per fare un esempio banale. Vorrei essere libero di ascoltare e vedere tutto quello che i sensi mi impediscono di fare adesso.
Vorrei fortemente diventare uno di quelli che”Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete”.
Allora, solo allora e forse, potrò cominciare a capire, e magari ancora molto alla lontana, la grandezza del Creatore, il Signore di tutte le Cose.

giovedì 16 aprile 2009

Obama, l'Anticristo

Su altro sito un'amica ci dice : "...il prode Presidente è intervenuto alla Georgetown University, università cattolica di Washington DC. Prima di partecipare all'evento il suo staff ha chiesto che venissero cancellati tutti i simboli cristiani dalla sala dove si sarebbe svolto l'evento, comprese le croci e le iniziali del nome di Gesù (IHS).

Con chi abbiamo a che fare? Chi è Obama? Solo un idiota come Zapatero o c'è dell'altro?
Sarebbe interessante andarsi a leggere l'Anticristo di Solovev, quante analogie col figo presidente americano...
Claudia

Con questo link troverete maggiori informazioni :
http://www.giornalettismo.com/archives/9310/barak-obama-lanticristo/

mercoledì 15 aprile 2009

Alcuni link interessanti

http://www.cesnur.org/2009/mi_crisi.htm

http://www.cesnur.org/religioni_italia/i/induismo_09.htm

http://www.cesnur.org/2009/mi_facebook.htm

martedì 14 aprile 2009

Ricordando Gesù a Pasqua

“…Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.”

Dicono che i quattro vangeli canonici siano stati rimaneggiati dall’allora nascente Religione Cattolica Romana.
E’ possibile. Non credo però, che come asseriscono alcuni critici, siano stati scritti apposta per la religione detta. Questo perché dicono tutti e quattro le stesse cose, grosso modo, e questo fa pensare che invece, chi li ha scritti voleva solo fare opera di testimonianza: ecco, c’è stato un Uomo che ha fatto resuscitare Lazzaro, ha guarito i nati ciechi, ha cambiato acqua in vino ecc. Una semplice testimonianza dei fatti più eclatanti, insomma, che hanno stupito chi li ha scritti. Se fossero stati scritti sotto dettatura di comodo, sarebbe logico ritenere che, ogni Vangelo trattasse di un aspetto diverso. Ad es.: uno politico, uno religioso e quant’altro: li avrebbero scritti per creare una dottrina anziché “adattarli” ad una dottrina.
Confortato da questa considerazione, ho cercato nel corso degli anni, e spinto da necessità spirituali dovute ad un drastico ed improvviso cambiamento del mio punto di vista di considerare la Vita, di vedere se, nel corso dei secoli, le parole di Gesù hanno trovato riscontro alla luce dei progressi scientifici e morali nel frattempo avvenuti nella società umana.
Dopotutto, mi dicevo, Lui stesso ha detto “Il cielo e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno”.
Qui, la Religione e la Fede non hanno niente a che vedere. Sono constatazioni basate sulla realtà dei fatti, e dunque:
Il fatto del pane e del vino:
Gesù sapeva perfettamente che provengono da prodotti che hanno il più alto coefficiente di trasformazione dell’energia solare in energia chimica assimilabile dall’uomo.
Del resto, già il grano è, di per sé, un mistero: chissà chi ha trasformato il frumento portando i sette cromosomi del suo selvatico progenitore a ben quarantadue permettendo così, la conservazione degli alimenti e quindi, creando le basi della società umana: Cerere chi era? Per non parlare della fermentazione alcolica della spremuta di uva che la trasforma in vino, moderatamente alcolico ma, pura energia, che permette di affrontare dure fatiche fisiche. Sarebbe interessante sapere come l’Uomo c’è arrivato e chiedersi anche chi era Bacco. Per non parlare d’altro.
Si si, d’accordo: i primitivi pelosi hanno raccolto le spighe più alte, più grosse, più belle e le hanno riseminate, hanno risolto, da veri geni, il problema delle rachidi e delle glume ecc. ecc. I genetisti di oggi sono dei dilettanti a confronto!! Chissà la Monsanto cosa pagherebbe per avere a libro paga qualcuno di questi nostri progenitori.

Meglio stendere un velo pietoso e considerare, piuttosto, che ristretti circoli di veri scienziati, hanno mandato la sonda Keplero per avere una conferma attendibile di “prove esterne” alle nostre vicissitudini evolutive.

La questione, del resto, è quella di interpretare chi rappresentava il monolito di "2001 Odissea nello Spazio" il quale, quando compariva, faceva compiere un salto evolutivo all'umanità. Salto non solo inteso in termini di Scienza ma anche di evoluzione spirituale, aggiungo io.


C’è poi la storia di Maria Maddalena che, mentre gli profumava i piedi con pregiato unguento, è stata oggetto di critiche dai presenti.
Gesù disse a questi che, mentre di loro non sarebbe rimasta traccia, della Donna in questione si sarebbe continuato sempre a parlare nel corso dei tempi.
E, non si può dire che non sia vero! E’ molto fitto il mistero attorno a questa Donna. Chiunque si prefigge di calunniare Gesù è costretto a parlarne e quindi, ad avvallarne la profezia.
Quindi sapeva benissimo anche di che tipo di calunnie sarebbe stato oggetto nel corso dei secoli a venire. E questo non è affatto trascurabile.
Ed ancora. E’ validissima, se non futuribile ancora per noi, purtroppo, la lezione stupenda di non violenza. Sulla Ragione e sulla violenza:
Al servo “zelante” di Caifa che lo colpisce duramente al volto durante l’interrogatorio da parte del clero, Gesù ribatte: “Se ho sbagliato dimmi dove altrimenti, perché mi percuoti?”
Seguitando, arriviamo ad oggi:
Chi sia Konrad Lorenz lo sanno tutti. Orbene, nel suo bellissimo “L’Anello di Re Salomone” descrive una sua scoperta circa le leggi che regolano la sopravvivenza e la convivenza tra animali.
Il discorso sarebbe lungo, ma è opportuno sintetizzarlo anche perché è molto famoso.
Cita molti esempi ma quello del lupo e del cane è il più semplice.
In caso di lotta tra due contendenti, quando uno soccombe offre, istintivamente, al vincitore il punto più vulnerabile, nell’esempio in corso, la gola. Il vincitore vorrebbe finirlo, schiuma ma, di fronte a questo gesto, è costretto a fermarsi, è inibito, è più forte di lui, deve per forza smetterla. Conclude il Lorenz che, sebbene non si conosca il come ci sia questa inibizione(che poi ed in ultima analisi, è questo il fulcro dell’eterna diabitra tra creazionisti ed evoluzionisti) se ne conosce il motivo: se non scattasse questa inibizione, in breve tempo, la razza sarebbe estinta.
Ecco, non ricorda il famoso, discusso, frainteso “porgi l’altra guancia”?
Si badi bene che il riferimento a Gesù lo fa lo stesso Nobel nel libro, il quale conferma, involontariamente, l’Insegnamento dopo 2000 anni.
Sulla base di queste considerazioni, necessariamente brevi ma che chiunque può approfondire ammesso che il discorso interessi, ci penserei un momentino nello spacciare per “leggenda” la figura di Gesù, come fanno alcuni.
Qui non è questione di credere o meno.
Qui si tratta di constatare una realtà. La differenza, a quanto pare, è sostanziale.

Disordine continuo che crea un ordine che impressiona...

Padre Aldo ci scrive anche oggi e ci testimonia come si sta di fronte al dolore:

Cari amici, Susanna è una donna sola, ammalata di cancro, ricoverata nella mia clinica. Vive notte e giorno pregando. La sua vita è piena di letizia, certa com’è che Cristo le vuole bene. La sua storia è dolorosissima. Otto anni fa un aereo mentre tentava di atterrare all’aeroporto di Asuncion, è caduto sopra la sua casa. Il bilancio: suo marito, i suoi cinque figli più quattordici parenti, uccisi sul colpo e bruciati nel disastro.

Da quel momento per Susanna il vuoto, la solitudine si sono aperti in modo spaventoso davanti ai suoi occhi. Piano paino ritrovò nella fede le certezze, quelle certezza che in questo momento tutti abbiamo bisogno che ci permettono di rispondere come Marta, la sorella di Lazzaro, il morto che già puzzava, alla domanda di Gesù: “Tuo fratello non è morto, ma vive. Credi tu questo?”. E lei: “Sì Signore io credo”. Vederla lì nel letto, piena di pace mentre il cancro la consuma, con il rosario in mano non può non farmi toccare con mano cos’è la fede, la speranza e la carità. Il dolore per lei non è mai stato obiezione a Cristo, ma il cammino ad una familiarità con Cristo che riempie di pace. Un segno inconfondibile del Mistero.

Ippolito è una di quelle sorprese della Provvidenza che mai mi lasciano tranquillo. Dio è l’imprevisto. E la realtà ne è la manifestazione. Dio rompe, rompe sempre … per cui tu che lo segui, poi rompi, rompi a tutti, che non capiscono. E la realtà è la sua voce, è la modalità con cui rompe …

Domenica della Palme. I tre “fraticelli”, uno dei quali per il peso un “fratone”, sono in cucina alle 7.15 del mattino, dopo le preghiere, a prendersi un caffè. Dopo cinque minuti ognuno con gli indumenti sacri è pronto per la processione. Bussano alla porta: è la polizia. Sorpreso domando: “Cercate Padre Paolino, il comico della casa?”. “No padre, cerchiamo lei”. “Cosa succede adesso?”. Domando. “Padre, abbiamo un regalo per lei nel portapacchi del furgoncino. È un mendicante che l’uragano della notte ha portato giù nel torrente insieme al materasso, una grossa spugna. Non ha nessuno, è anziano, trema per il freddo dell’acqua di cui è inzuppato”. Rimango sconcertato e se non fosse stato per quell’abbraccio di vent’anni fa del Giuss, di Alberto, di Massimo, di Carron, avrei fatto come tutti, preti e non preti: scusate, ho da fare, ha la processione, ho la regola della casa, ho un programma, sono il parroco … e chi più ne ha più ne metta. Ma quell’abbraccio di vent’anni fa, quelle famose parole “come darebbe bello, Aldo, che qualcuno ti facesse compagnia quest’estate!” Alle quali io avevo risposto: “Ma dove, Giussani, trovi un uomo e meno un prete, che hanno sempre da fare, disposto a fare compagnia a questo derelitto?” E lui: “bene, ti porto con me.” … mi sono subito arreso e ho detto ai padri: “Andate voi alla processione, celebrate voi la Messa e io mi prendo in casa questo povero Cristo. Sì questo povero Cristo, perché di Cristo si tratta, - scusate se è una bestemmia – più Cristo di quello della liturgia”. L’ho abbracciato e baciato e poi mi sono inginocchiato davanti a lui, ho pregato. Non poteva credere ai miei occhi. Ho visto me in lui, ho visto il mendicante che sono in lui. Ho abbracciato Cristo, ho adorato Cristo. Poi l’abbiamo subito rifocillato, lavato e dato una stanzetta. Ippolito da subito è diventato un altro. Ha sorriso, capite, ha sorriso. Sono passati otto giorni. Ebbene quell’uomo è oggi la pietra angolare della nostra casetta-famiglia per anziani abbandonati, uomini. Già c’era quelle delle donne. Oggi è nata la casa “S. Gioacchino”. Arredata a nuovo, bellissima, come nessuna casa dove ho vissuto in 62 anni. Una gara di generosità di persone, commosse da Cristo, ha fatto il miracolo della seconda casa per anziani. Iniziamo lunedì con tre e poi altri tre. Sei in tutto. Niente di programmato, di ipotizzato. Ma Dio, il Mistero non programma. È l’imprevisto per eccellenza. È un Avvenimento. La realtà, se la guardo, mi risponde in ogni istante. Obbedire alla realtà è il mio dramma quotidiano, perché la realtà non solo non mi lascia mai tranquillo, mi scompone i piani, ma grida: Egli è qui, non lo vedi? Mi rende familiare il Mistero. Molti mi dicono che sono imprevedibile, incontenibile. E che posso rispondere se non indicando che non sono io che me le cerco, ma è la realtà che indica il cammino. Ma la realtà è sempre provvidenziale. Così mentre Ippolito dormiva il giorno delle Palme nella Messa delle 19, la Provvidenza mi ha ringraziato del gesto del mattino. Come? Si avvicina un grande industriale e mi dice: dimmi di cosa hai bisogno per il nuovo ospedale, per la nuova casetta di Betlemme e te la darò. Avviso l’ingegnere che gli manda una mail: per iniziare a chiudere la parete della clinica abbiamo bisogno di 150.000 mattoni etc. etc. Il giorno dopo già i primi camion sono arrivati. Ma la provvidenza non si è fermata qui. La stessa domenica, alle 22 Padre Paolino riceve una telefonata. È il tesoriere: “Padre Paolino nella colletta c’è un assegno di 5.000 dollari intestato a Padre Aldo, firmato Enzo”. Paolino mi lascia dormire, ma il giorno dopo la prima cosa che fa è “guarda …”. Mi sono commosso: era lo stesso dei mattoni.

Amici: “Credi tu questo?”. Da vent’anni ogni giorno, ogni stante per me questa è l’unica domanda vera, umana, seria ed economicamente intelligente. Lo capissero i Bocconiani! Ma che importa: Ippolito adesso è contento e grazie a lui è nata la seconda casetta per anziani e altri mendicanti saranno felici, ed altri avranno lavoro. Il tutto accaduto la domenica delle Palme in cinque minuti che hanno “disordinato” l’ordine, il programma di tre preti pronti per la processione.

Padre Paolino, ironico come sempre: “ma per noi l’unica … che ci interessa e da cui dipendiamo è l’imprevisto!” un disordine continuo che crea un ordine che impressiona. Ma è la realtà che è così. Il problema è che per noi l’ordine coincide con i nostri buoni pensieri e non con il guardare ciò che la realtà ci indica. Ma per guardare la realtà così o si è come “le scolte di Assisi” o è impossibile.

Un abbraccio,
Padre Aldo

mercoledì 8 aprile 2009

Come trattiamo Cristo, così trattiamo la realtà

Come trattiamo Cristo, così trattiamo tutta la realtà [Se "la realtà è Cristo" quest'affermazione dovrebbe essere evidentissima]"

E' una cosa terribilmente vera! Trattate vostro padre, vostra madre, la vostra ragazza, lo studio, voi stessi, la gente che incontrate, la compagnia, la natura, il tempo quando vi alzate al mattino, tutto questo noi trattiamo come trattiamo Cristo, cioè come trattiamo quella Presenza.(...) Sarebbe interessante dettagliare, perchè quello che ci impedisce (katekon) di trattare bene quella presenza è lo stesso atteggiamento che ci impedisce di trattare bene la donna a cui si vuol bene, il padre, la madre, nonostante tutte le apparenze: è un incadaverarsi, è un insepolcrarsi nella nostra misura. (...) E tu non tratti la tua ragazza che così, non abbordi il problema dello studio che così, non ti spalanchi a quella Presenza. (L. Giussani, Uomini senza patria, pag.130 e ss)


Quella Presenza è la Presenza di Cristo, origine, consistenza e fine di ogni cosa, di ogni persona, di ogni circostanza. Ma siamo inconsapevoli o dimentichi di questa grande Presenza.
E il risultato è la disumanità dei nostri rapporti e della nostra quotidianità...

Brevi considerazioni sulla leggenda della "Vera Croce"

Una delle più celebri leggende della cristianità medievale è quella cosiddetta dell’Albero, che narra la storia mitologica dell’Albero del Bene e del Male, ossia l’Albero della Caduta, dal quale viene infine tratto il legno della croce di Gesù, ossia l’Albero della Redenzione.
E’ noto che i primi cristiani, specialmente Paolo, sviluppano una particolare forma retorica, la cosiddetta antitypos (prefigurazione), intesa a dimostrare che la figura di Gesù, considerato il Cristo, il messia, dava compimento alle profezie della Bibbia ebraica, e quindi a reperire personaggi appunto prefiguratori di Gesù nell’Antico Testamento. Lo sviluppo della leggenda dell’albero, che espone una continuità tra l’albero della caduta e l’albero della riconciliazione e salvezza, rappresenta un’evidente ricalco del rapporto istituito da Paolo di Tarso tra Adamo e Gesù, ed attinge ad una leggenda popolarissima nel Medioevo, quella della “leggenda dell’Albero”. Opere apocrife, fra cui il Viaggio di Set in Paradiso, assai popolare nel Medioevo, raccontano di come Adamo, dopo la Caduta, inviasse il figlio Seth a chiedere consiglio per la via di salvezza. Gli vennero dati dei semi del pomo fatale mangiato dai progenitori. Seth li piantò, dando inizio ad una successione ininterrotta di alberi discendenti gli uni dagli altri. Questa generazione ininterrotta di alberi si trasmette attraverso i patriarchi, per giungere sino all’epoca salomonica, nella quale l’ultimo discendente arboricolo della pianta del peccato originale risulta inadatto alla costruzione del Tempio di Gerusalemme, immagine simbolica dell’incapacità del giudaismo di essere autentica religione di salvezza. L’albero che non può essere adoperato per la costruzione del grande tempio è posto nel medesimo, per ordine di Salomone. Da qui, dopo un evento prodigioso, di cui esistono diverse versioni e fra le quali una è rappresentata dall'’intervento della regina di Saba, profetizzante l’avvento del Messia, è gettato nella piscina probatica, che acquista facoltà guaritrici. In seguito, questo albero sarebbe stato quello su cui Gesù avrebbe subito la crocifissione. Questa leggenda è presente anche in un racconto latino, il quale è sicuramente anteriore al secolo XIII e che ottiene un successo immenso
Tassello di questo ciclo leggendario è la probatica piscina. Origine della credenza in questa vasca è senz’altro un episodio ricordato nel vangelo di Giovanni, ove si parla di un miracolo operato da Gesù che guarisce un paralitico. In questo episodio si riferisce di una piscina, all’interno delle mura di Gerusalemme, nelle cui acque scende, ciclicamente, un angelo, risanando coloro che si trovino in mezzo alle sue acque. Da questo racconto evangelico la cristianità ha elaborato l’immagine di una piscina resa miracolosa dalla presenza, al di sotto della sua superficie, di una parte del legno che era stato quello dell’Albero della Caduta e che sarebbe stato quello dell’Albero della Redenzione.
Come ha mostrato il grande storico delle religioni Mircea Eliade nel suo “Trattato”, la leggenda della “Vera Croce” riprende in forma cristiana archetipi e temi antichissimi ed, a detta dell’Eliade, praticamente universali, incentrati sull’idea dell’Albero cosmico (axis mundi) che è un tramite di unione e comunicazione fra le varie dimensioni del creato.
Una variante di tale complesso simbolico è l’altra leggenda riguardante la nascita delle piante medicinali dalla Croce. In termini generali, nessuna pianta, nella mentalità mitologica, viene considerata preziosa, nel caso specifico curativa, di per sé, ma per la sua partecipazione ad un archetipo, inteso nel senso di “vicenda, modello esemplare d’origine soprannaturale”. La pianta possiede un prototipo celeste, o deriva la sua sacralità, ossia le sue qualità positive, dalla sua partecipazione ad una vicenda divina. Nel folklore europeo, ciò si realizza nelle credenze che mostrano la nascita delle erbe medicinali sul monte Calvario, ai piedi della Croce o sul legno medesimo. Si attribuisce l’efficacia di queste piante sia al tempo in cui sono comparse, sia al fatto di aver guarito le ferite di Gesù
La leggenda della croce assomiglia all'allegoria del Lignum Vitae (1257-1274) di Bonaventura. In questa allegoria viene raccontata la vita di Cristo in tre fasi: l'origine, la passione e la gloria. Bonaventura usa lo schema esegetico dell'albero della vita Ogni stadio ha quattro fiori con ciascuno quattro frutti, rappresentanti le meditazioni che vanno "assaggiate”. Il Lignum Vitae di Bonaventura fu nel 1305 l'ispirazione per l'Arbor Vitae Crucifixae di Ubertino da Casale (1259 - dopo 1328), che adopera l'albero della croce come schema esegetico. L'uso dell'albero come schema didattico e/o esegetico per l'apprendimento o per la meditazione non era nuovo ai tempi di Bonaventura e Ubertino da Casale. L'albero era un diagramma enciclopedico prediletto per l'organizzazione del sapere di ogni tipo. Anche le figure dì Gioacchino da Fiore (1130-1202), importante figura d'ispirazione per Ubertino, erano alberi. La differenza è che Bonaventura e Ubertino utilizzano il diagramma nel contesto della passione di Cristo, congiungendo in questo modo l'albero enciclopedico con quello teologico.
L’ordine francescano contribuù all’affermazione del culto della “Vera Croce” anche in altri modi. Anzitutto, a partire dal 1342 i francescani svolsero il ruolo di custodi (Custodes) dei luoghi santi in Gerusalemme cioè della chiesa del Santo Sepolcro, la grotta della nascita in Betlemme e la tomba di Maria nella valle di Giosafat. Inoltre, è proprio nell’ambito dei Minoriti che si diffuse fortemente una forma di religiosità di tipo cosiddetto “devozionale” ed “affettivo”, che sboccherà nei secoli XIV-XV nella vera e propria “mistica della Croce” e mystica Passionis. Sebbene il culto della Croce e della Passione sia antico quanto il cristianesimo, pure l’accentuazione del suo ruolo e l’elaborazione di un pensiero teologico ed una “mistica” incentrati su di essi costituiscono un fatto piuttosto innovativo rispetto al passato.
In questo contesto, l’arrivo di numerose reliquie provenienti dall’Oriente cristiano in seguito alle Crociate contribuì alla diffusione di una religiosità maggiormente legata al pathos, all’emotività ed alla figura del Christus patiens.

Confessione di un italiano

Il devastante terremoto in Abruzzo fa capire quanto sia importante poter contare su uno stato forte, unito e coeso, alle proprie spalle. E perchè uno stato possa essere tale, e possa affrontare con serenità anche le disgrazie cui può andare incontro, deve eliminare le sacche di sprechi, i privilegi e le inefficenze esistenti al suo interno; deve inoltre poter contare su entrate consistenti, certe e sicure, che le possono venire solo da tasse, imposte, e contributi vari.
Un buon cristiano, consapevole di ciò, deve contribuire onestamente ai bisogni ed esigenze dello stato.

La Pasqua è una tappa importante nella vita di ogni buon cristiano; egli è anche consapevole che, stando al precetto della chiesa, si deve confessare almeno una volta all'anno e comunicarsi almeno a Pasqua. Per molti cristiani è dunque l'occasione per aderire al precetto, tirare le somme e fare i conti con la propria coscienza.
Chi conosce l'autore del presente, sa che ha ripreso da poco a frequentare assiduamente la chiesa, dopo anni di assenza, anche se non tutta imputabile a propria volontà; e quindi, anche costui si trova esattamente nella situazione descritta; e, se vorrà, dovrà anch'egli tirare quelle somme.

Poichè lo stato ha bisogno di quelle entrate e può garantirsele solo attraverso l'imposizione di tasse, volute, studiate e modulate da un parlamento votato democraticamente a maggioranza, ogni buon cristiano deve chiedersi se, dall'ultima confessione, è stato onesto e corretto con lo stato. Stiamo tutti assistendo agli sforzi dello stato, per prestare i necessari soccorsi alle popolazioni terremotate, e possiamo anche immaginare i costi che esso dovrà poi sopportare per la ricostruzione di abitazioni per quelle popolazioni martoriate.
Quando gli fu sottoposto il quesito trabocchetto, Gesù rispose che bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare. Quanti sono i buoni cristiani che hanno dato correttamente allo stato tutto quanto gli era dovuto? Io credo siano in pochi. Basta infatti la pur minima spesa fatta senza richiedere l'emissione dello scontrino fiscale che si diventa complici di evasione, facendo così diventare peccatore anche il trasgressore. E anche se taluni non sentono d'aver commesso un peccato, perchè atei, laici, agnostici, anche tra costoro, quelli dotati di maggior sensibilità, vi è chi sente d'aver commesso una irregolarità. L'agnostico, soprattutto, perchè abituato più di altri all'introspezione e a scavare dentro di sè per cercare risposte ai grandi quesiti della vita, sente più di altri il peso delle trasgressioni.

Ma a fare da contrapposizione, da contraltare, a quel genere di peccato, ce n'è un altro ben più grave, perchè preso spesso a scusante per giustificare questo: è il peccato di lassismo, assenteismo, negligenza, e quantaltro in cui cadono spesso lavoratori del settore pubblico, tra i quali vi sono certamente cattolici, che quindi peccano. E se c'è un ministro, Brunetta, che stà impegnando anima e corpo su questo fronte, affermando inoltre che ci sono un milione di esuberi sfaccendati, alla fine una parvenza di verità sulla questione ci deve pur essere. E se poi aggiungiamo gli sprechi perpetrati nelle scuole pubbliche, fronte sul quale è impegnata alacremente la ministra Gelmini, non è difficile imputare quest'altra forma di peccato a chi compie tali atti di spreco. E se aggiungiamo che chi compie quel genere di peccato è anche privilegiato, rispetto i cittadini normali, perchè non corre mai rischio di perdere il lavoro, nemmeno in tempo di crisi come questo, chi si rende colpevole di tal genere di peccato è come se ne commettesse due.

E mettiamo anche il caso di quei dopolavoristi o cassintegrati che svolgono attività in nero nel dopo lavoro o approfittando della condizione privilegiata di cassintegrato, al peccato di evasione fiscale si aggiunge quello di truffa ai danni dello stato, perchè percepisce impropriamente un'indennità che serve ad aiutarlo.

Per farla breve, e per chiudere il cerchio, in tutto questo c'è però anche lo zampino dello stato perchè non consente ai cittadini di poter scalare dalle tasse le spese sostenute per la manutenzione ordinaria di una casa. Ma questa è un'altra storia.

E con ciò, Auguro Buona Pasqua a Tutti.

domenica 5 aprile 2009

LA SINDONE E I TEMPLARI

La scoperta L'autrice lavora nell'Archivio segreto della Santa Sede
La studiosa vaticana: «Ho le carte, i Templari adoravano la Sindone»
«L'idolo per cui furono condannati era Cristo»

CITTÀ DEL VATICANO — Ora lo sappiamo: i Templari, in effetti, adoravano un «idolo barbuto». Però non era Bafometto, come volevano gli inquisitori che li processarono per arrivare a sciogliere nel 1314 l'ordine più potente e illustre del medioevo cristiano, il «grande complotto innescato nel 1307 dal re di Francia Filippo IV il Bello». E non era neanche un idolo, in verità, per quanto senza dubbio fosse barbuto: l'oggetto della loro venerazione era la Sindone, il telo di lino che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù e ne reca impressa l'immagine. Furono i Cavalieri a custodire in gran segreto la Sindone nel secolo e mezzo in cui se ne perdono le tracce, dal saccheggio di Costantinopoli del 1204 alla ricomparsa in Europa a metà del Trecento. Si tratta di argomenti sui quali fioccano le bufale e il 99 per cento di ciò che si racconta, Umberto Eco docet, è «spazzatura».

Ma qui la fonte è più che affidabile: lo scrive l'Osservatore Romano, anticipando alcune pagine de «I templari e la sindone di Cristo», il nuovo libro di Barbara Frale che il Mulino pubblicherà entro l'estate. L'autrice è una giovane e serissima ricercatrice dell'Archivio segreto vaticano che da anni studia e scrive dei Templari. Attingendo ai documenti del processo, cita tra l'altro la testimonianza della «prova d'ingresso», nel 1287, di «un giovane di buona famiglia del meridione francese», Arnaut Sabbatier: «Il precettore condusse il giovane Arnaut in un luogo chiuso, accessibile ai soli frati del Tempio: qui gli mostrò un lungo telo di lino che portava impressa la figura di un uomo e gli impose di adorarlo baciandogli per tre volte i piedi».

Nel 1978 fu lo storico di Oxford Ian Wilson, ricorda la studiosa, il primo a sostenere la tesi che il misterioso «idolo» barbuto dei Templari fosse in realtà il telo rubato dalla cappella degli imperatori bizantini nel 1204, durante la quarta crociata, e che i Cavalieri l'avessero custodito in segreto. Ora Barbara Frale spiega di aver trovato «molti tasselli mancanti» a sostegno della teoria. Fonti inedite che spiegano anche le ragioni dell'adorazione e della segretezza. «I Templari si procurarono la sindone per scongiurare il rischio che il loro ordine subisse la stessa contaminazione ereticale che stava affliggendo gran parte della società cristiana al loro tempo: era il miglior antidoto contro tutte le eresie», scrive. «I catari e gli altri eretici affermavano che Cristo non aveva vero corpo umano né vero sangue, che non aveva mai sofferto la Passione, non era mai morto, non era risorto». Che l'avessero trafugata i Templari o fosse stata comprata, doveva rimanere celata: sui responsabili del saccheggio pendeva la scomunica di Papa Innocenzo III. Ma era una reliquia potente e ne valeva la pena: «L'umanità di Cristo che i catari dicevano immaginaria, si poteva invece vedere, toccare, baciare. Questo è qualcosa che per l'uomo del medioevo non aveva prezzo».

Gian Guido Vecchi
05 aprile 2009

Joshua, il mio nuovo figlio


Conoscete Padre Aldo Trento?
E' un missionario andato in Paraguay in missione nonostante la sua fortissima depressione, che non gli è passata, ma non gli impedisce di essere un uomo straordinario.
Ad Assunciòn ha creato una struttura che si occupa di malati terminali e di persone abbandonate e sta facendo davvero delle meraviglie, come potrete vedere cliccando qui: http://annavercors.splinder.com/tag/aldo+trento

e qui:

http://it.youtube.com/watch?v=1c-9tzuqJa0

Dal Paraguay manda agli amici italiani diverse mail per raccontarci quello che succede. L'ultima mail arrivata è questa:


Carissimi amici,

"Se non fossi tuo, o Gesú mio, sarei creatura finita" scriveva S. Gregorio di Nazianzio.

Arriva la settimana santa. Gesú crocifisso mi ha regalato la sua persona sofferente.

Guardartelo il mio piccolo crocifisso. Si chiama Joshua. É nato di appena di 6 mesi. Ed ora ne ha quattro. La mamma é morta. Il papa qui non esiste. É il mio nuovo figlio.

Dolorosamente é in ospedale. É idrocefalico, desnutrizione di 3º grado e infezioni varie, etc. Soffre, soffre... per me e per te.

Guardalo se mi vuoi bene, é davvero Gesú nelle croce. Il mio cuore é rotto ma in pace.

Senza questo mio bambino il mondo sarebbe ancora piú brutto. Ma Gesú é risorto e il mio Joshua ne é la evidenza. Lo consegno a voi perché vi aiuti a vivere la settimana santa.

Con affetto

P. Aldo.


La foto di Joshua la potete vedere in alto a destra (non sono riuscita a spostarla dove volevo io, per il momento...)

venerdì 3 aprile 2009

Il piacere di aggredire il Papa senza capirne il messaggio

1. La esibita, e sempre più acuta, inintelligenza dell’intelligencija nei confronti dell’azione di Benedetto XVI, ha buona materia su cui esercitarsi in questi giorni. Ma debbo partire partire da più lontano. Osservavo, già nel settembre 2006 (cfr. http://www.chiesa.espressonline.it/ 22 settembre ), come vi fosse un taglio inconfondibile nella importante lezione di Benedetto XVI nell’Aula magna dell’Università di Regensburg: la decisione di non evitare la pars critica entro un disegno dialogico.
E sottolineavo come la profonda visione strategica di papa Benedetto sembrasse operare ad integrazione del magistero di Giovanni Paolo II, proprio usando quel discernimento sui temi della verità e della ragione che Joseph Ratzinger cardinale aveva esercitato, come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sui disastri teologici maturati entro la Chiesa postconciliare. Un’opera difficile, poiché derive e squilibri nell’intelletto cattolico avevano indotto errori antagonistici, ad esempio nella estesa, differenziata, area delle reazioni “tradizionalistiche”.Che il discernimento e la sanzione dell’eccesso dovesse essere inteso come leale, fattiva, premessa all’incontro è risultato dagli atti successivi di Benedetto. Poiché la storia cattolica precedente il Concilio Vaticano è il vitale orizzonte dello “spirito” del Concilio stesso e della sua realizzazione - “realizzazione” che molti estremismi hanno vissuto invece come incompatibile col passato - gli atti di pace iniziano necessariamente dalle aree di sofferente, anche se troppo esibita, ortodossia “tradizionale” che si richiamano alla storia preconciliare. Solo un “uso politico del Concilio”, non la sua dottrina, ha declassato sotto il pretesto della “rottura” conciliare, e respinto ai margini della vita cattolica, secoli di vitale, autentica Tradizione. La riabilitazione di stili, sensibilità e forme della storia cristiana intende agire, in Benedetto, come paradigma stabilizzatore delle derive centrifughe, della frammentazione soggettivistica, che operano non solo nelle “sperimentazioni” avanzate, ma anche nella pastorale corrente. La stabilizzazione esige, però, che quello che ho chiamato “uso politico” (ecclesiale) del Concilio divenga consapevole del proprio eccesso squilibrante, della propria parzialità; e ne tragga conseguenze autocritiche. Così l’obiettivo della “riconciliazione interna nel seno della Chiesa” diviene parte di un più ampio intervento medicinalis per la chiesa universale.
Le stesse rare, ma violente, reazioni negative al motu proprio Summorum pontificum confermavano senza volerlo l’urgenza dell’azione “medicinale” di papa Benedetto. Ho sottolineato in più occasioni che, come l’attenzione alla integrità della storia liturgica cattolica, anche la nuova apertura alla fraternitas San Pio X è ordinata a ricondurre la vita cattolica alla sua essenziale natura di complexio. La nuova dignità delle comunità “tradizionali” nella Chiesa cattolica di oggi opera da correttivo, se non da risarcimento, di un’indebita frattura pratica e, prima ancora e più gravemente, ideologica consumata nel recente Novecento (contro la stessa Costituzione Sacrosanctum Concilium) con la cancellazione di fatto dello spirito liturgico, quasi lasciando intendere ch’esso fosse diventato “inattuale”.
Si tratta dunque, per Benedetto XVI, di assumere il rischio di indicare opportune et importune l’eccesso, quando dottrine e condotte oltrepassano soglie estreme di tollerabilità. Da ciò, ogni volta, degli scandala, previsti e non previsti, ma opportuni nel disegno di Dio. Che si tratti dell’intenso confronto con l’Islam, o della dedizione al dialogo con gli ebrei (una riconciliazione, una Versöhnung, grande tema della teologia tedesca, nella chiarezza del peculiare compimento in Cristo), o della cura per l’unità della Chiesa nell’unità della tradizione vivente; o che gli esprima ad extra una critica alle politiche preventive dell’AIDS in quanto esse colpiscono, come effetto sottovalutato o imprevisto, estesamente e profondamente la cultura della sessualità procreativa.
In effetti, i contingenti scandala e il loro sofferto superamento portano a coscienza, entro la Chiesa e tra Chiesa e istituzioni internazionali, proprio le soglie critiche che il cammino di Pietro, e la sollecitudine di Roma, attraversano carismaticamente.
2. “Condurre gli uomini verso il Dio che parla nella Bibbia” (non un dio qualsiasi), priorità suprema della Chiesa e del successore di Pietro, dunque. Questa la missio e questo l’orizzonte, ritornanti anche nell’intervista “concessa ai giornalisti durante il volo verso l’Africa” (17 marzo u.s.). Il Papa ha detto, solamente: "Non si può superare questo problema dell'AIDS solo con il soldi, che sono necessari, ma se non c'è l'anima che sa applicarli, non aiutano; non si può superare [il problema dell'AIDS ] con la distribuzione dei preservativi: al contrario, il rischio è aumentare il problema". Siano di fronte, rigorosamente parlando, ad un argomento contro le politiche e le antropologie del preservativo, non ad una ulteriore argomentazione del divieto del profilattico.
Il dato dell’intrinsece malum delle pratiche contraccettive ovviamente resta, nel quadro di discussioni teologico-morali e di duttili prassi pastorali (non dico “misericordiose”, perché non vi è maggior equivoco che considerare “misericordiosa” solo la remissione della pena; misericordioso è anzitutto il dono della Legge di Dio). Credo si possa dire che 1) tutta una serie di stati di necessità (per i quali sarà utile la ripresa in teologia morale, e nella formazione del confessore, del metodo casistico) operano come scusanti o scriminanti caso per caso, e che, in foro interno, i confessori si comportano lecitamente di conseguenza; 2) la coscienza bene ordinata assume, comunque, a proprio carico la illiceità di una condotta e la condizione “attuale” di peccato (ciò che ha rilievo, anzitutto, è che la coscienza sappia di non poter rivendicare alcun "diritto alla trasgressione" di fronte a Dio, ma che si deve appellare alla Sua misericordia).
La preoccupazione del Papa in quella breve frase non è, comunque, teologico-morale ma antropologica (dunque di diritto naturale). Si tratta di ricordare opportune et importune che la diffusione dei metodi anticoncezionali non “libera”, se non nell’immediato e superficialmente, la sessualità umana, e nel tempo la colpisce a morte in quanto umana. Annientare la stessa eventualità, quindi la corrispondente responsabilità, procreativa in una cultura umana è favorire su larga scala la “neutralizzazione” dell’accoppiamento, fuori da un quadro di valore, contro la forma - profonda e costante nelle società - della sessualità regolata da un Nomos. Né si tratta solo di un esercizio regolato della sessualità da parte degli individui, ma un Ordine che, non secondariamente, porta con sé un primato del pudore e, spesso, l’eccellenza (in condizioni elettive) della verginità e castità. Promiscuità (anche programmatica), assenza di regole, casualità e banalità dell'atto sessuale, come l’allontanamento o l’eccezionalità della procreazione, portati a sistema investono invece la coppia umana e il nodo paternità/maternità nella loro essenza.
Certo, nel caso della diffusione dell’AIDS, siamo in un vero e proprio stato di necessità. Non per questo va da sé, cioè senza critica, un intervento grossier di “riduzione del danno” su scala continentale. Vi è un’analogia col modo sbrigativo e cinico (“almeno non prendono malattie”, quasi fosse problema più importante per l’uomo) con cui su scala minore in Europa, per le strade e magari nelle scuole, si mettono i profilattici a disposizione e incentivo dei fruitori del sesso occasionale, vero servo della pulsione. In ciò risiede, su piccola e grande scala, il “rischio di aumentare il problema”!
Con intensificazione e assuefazione alla sessualità senza criterio aumentano a dismisura, anche indipendentemente dai margini di insicurezza del mezzo profilattico, le occasioni del cammino dell'infezione da una mucosa potenzialmente infestante ad altre. Mentre l’ideale copertura strumentale di un’intera società dai rischi di infezione da HIV separerebbe, in essa, la sessualità dalla fecondazione, lasciando quest’ultima per intero alle tecniche procreative assistite. Questa sì una situazione di surroga e dominio da parte della Techne, non la protezione di un essere umano da derive eutanasiche.
(Su Repubblica del 19 marzo Adriano Sofri osserva che l’argomento della indesiderabilità morale-culturale di un uso generalizzato del profilattico dovrebbe implicare anche la non desiderabilità di un vaccino anti-AIDS, perché l’immunizzazione condurrebbe allo stesso effetto. Ma non è così. L’immunità ridefinisce una normalità; l’emergenza vita/morte non preme più sulle istituzioni che regolano la sessualità; dal praticabile/impraticabile (senza rischio) si ritorna al lecito/non lecito. Può essere, allora, ridotto di molto o abbandonato l’uso dei profilattici per una opzione favorevole alla procreazione; si esce dalla loro dipendenza, direi dalla loro sovranità anche simbolica).
L'opposizione classica alla propaganda anticoncezionale si è attenuata nel tempo solo perché appare un "minor male" di fronte all'imbarbarimento (alla ri-animalizzazione) dell’intimità e della sessualità. Ma oggi la critica di un Papa alla generalizzazione dell'uso del preservativo perché un continente cessi disturbarci con i suoi problemi, manifesta con giusta traumaticità (secondo il metodo di Benedetto XVI) la integrale sollecitudine della Chiesa per l’Africa, e per ogni uomo. L’intelligencija che giudica il Papa in questi giorni non ha più orizzonte del funzionario degli organismi internazionali addetto a compilare le bolle di spedizione delle partite di preservativi. Eppure questa è l'antropologia implicita di chi, propagandando profilattici, si preoccupa della salute (com’è doveroso) di una popolazione – ma solo demograficamente intesa e nel disinteresse per la sua qualità e peculiarità di cultura umana, per la sua concezione della vita, della relazione e della generazione, che certamente appartengono, e non solo nelle culture africane, all'ordine del Sacro. In Europa, ripetiamolo per l’ennesima volta per vedere se entra nelle teste, non vi è la preoccupazione che l’uomo contemporaneo smarrisca il significato trascendente del corpo proprio a vantaggio della cura di sé come mera sussistenza/sopravvivenza di una macchina biologica efficiente e desiderante (desiderante il niente, nel vuoto di significati). Il Papa, la visione cristiana dell'uomo integrale, si oppongono alla automatizzazione di questa “cura” (care) passiva-preventiva per i corpi. Essa può valere solo caso per caso nella responsabile valutazione di chi ne ha autorità; eccezione dunque, di fronte ad assoluta necessità; non regola né tantomeno visione dell'uomo e del suo bene.
La cura cristiana integrale è altra: "rinnovare l'uomo interiormente, (...) dare forza spirituale umana per un comportamento giusto nei confronti del proprio corpo e di quello dell'altro [che la regolare protezione contraccettiva può permettersi di ignorare], e [la indiscutibile] capacità di soffrire con i sofferenti, di rimanere presente [da parte della Chiesa, e non guidare ben da lontano grossolane politiche sanitarie] nelle situazioni di prova".
3. La sprungbereite Feindseligkeit, quel piacere di aggredire, che attende solo l’occasione per esprimersi, e che il Papa coglie, senza complimenti, nei suoi critici, ha di nuovo tradito molti in questi giorni, ed anche Adriano Prosperi (Il tabù del Pontefice, in La Repubblica, 18 marzo u.s. che tratta anche della bimba brasiliana stuprata dal patrigno e della scomunica). Supponendo, evidentemente, che alcune considerazioni inconsuetamente moderate del suo articolo non avessero abbastanza sale per i lettori, Prosperi deve terminare il pezzo con il topos della “durezza disumana della condanna ecclesiastica”, quando egli sa benissimo (non i suoi lettori, magari – ma tanto peggio per la sua responsabilità di studioso) quale sia il senso e la ratio di una scomunica. Questo topos è preceduto da una domanda: “Cosa accadrà per chi usa il preservativo”, che suona molto “gotica”; Prosperi vuole prospettarci qualche scenario da auto da Fé? Lo studioso conosce come conosco io la prassi della pena canonica e il legittimo e costante uso dell’epicheia, nonché la vitale dialettica cattolica di peccato, remissione, grazia. Inoltre, poiché accosta uso di un profilattico (ordinato, nel caso che discutiamo, ad impedire la trasmissione del virus) all’aborto (il caso brasiliano), dovrebbe sapere che si tratta di atti di diversissima gravità e diversamente sanzionati.
Adriano Sofri (su Repubblica di oggi 19 marzo), che ho già citato, non sa cosa sia scomunica; pensa che “scomunica misericordiosa” sia un ossimoro. Ma, con la stessa impazienza di “governi e istituzioni internazionali”, vede “offesa la ragionevolezza e sabotata la fatica di tanti professionisti e volontari”, il che è semplicemente falso, come spiegato. Ma Sofri non leggerà opinioni diversa dalla sua; ritiene di sapere già perché e come molti commenteranno favorevolmente gli acta di Benedetto XVI. Non ha dubbi ad associare, sapendosi in buona compagnia, la “durezza della Chiesa, che a volte sembra ottusità, a volte cattiveria”, con una “malattia inguaribile della società italiana”, un’ombra sulla nostra storia. Non è migliore il suo giudizio per il caso Welby, o per i pagani e sanfedisti che “confiscano i corpi dei sudditi”, e intende uomini e donne che hanno formulato e stanno difendendo in Parlamento la legge sul fine vita. Spiace che sotto tanta enfasi non vi sia quasi nulla.
Ma anche la conclusione “femminista” dell’articolo di Prosperi va veramente a vuoto. Secondo lui, l’anima della bambina brasiliana o della donna camerunese sarebbero per la Chiesa, per di più in quanto donne, meno importanti di quella di un vescovo negazionista. Sia la censura canonica latae sententiae (da cui non è stata colpita, ovviamente, la piccola Carmen; eventualmente sua madre, certamente i medici in quanto coscienti e contumaci) da parte della Chiesa, sia la chiara indicazione di una condizione di peccato, sono al contrario medicina, nel primo caso, e guida del fòro della coscienza, nel secondo, proprio e solo in vista della salvezza delle anime. Per di più Benedetto XVI non ha parlato degli individui, destinatari oggi di cura e amore, quanto degli effetti aggregati delle politiche del preservativo. Possibile che una persona intelligente e dotta, che conosce la tradizione dottrinale e spirituale cristiana, creda veramente (alla stregua del laico più sprovveduto e di qualche teologo d’accatto) che si provveda alla salus animarum e all’integrità dell’uomo nascondendo o derubricando il peccato? Come se qualcuno volesse salvarci dai rischi mortali della strada togliendo i cartelli di incrocio pericoloso e annullando le fattispecie di reato previste dal Codice! Ed è plausibile che intellettuali della mia generazione, educati austeramente come ancora avveniva nell’Italia postbellica, possano allinearsi al piagnucolio postmoderno sulla “cattiveria”, la “inumanità” di un’autorità che tangibilmente ama, protegge e sanziona, e sanziona perché ama? Un’autorità che ripete questo senza sosta, come si può verificare nella maggior parte dei testi, spesso bellissimi, di Benedetto XVI, e è vissuta come tale dagli africani che la accolgono in questi giorni.
(Quanto poi al tic Williamson - il senso della scomunica ai vescovi lefebvriani e della sua remissione sono offerti alla riflessione di chi voglia riflettere - valga quanto ho scritto altrove [
www.chiesa.espressoline.it 17 marzo 2009] sulla automatica, e strumentale, costruzione del capro espiatorio).
La Chiesa, che Rémi Brague ha detto profondamente (in occasione del VI Forum del Progetto Culturale della CEI, nel 2004) essere la sola capace di conservare oggi alla ragione gli orizzonti del bene, del vero e dell’essere, ha il compito di chiarire l’errore radicale di chi confonde il Bene col (problematico) “star bene” della nostra animalitas.
Gli organismi internazionali facciano in Africa ciò che debbono, peraltro nella quotidiana contiguità e integrazione con l’azione della Chiesa; ma non usino il dramma africano per fare delle culture dell’Africa una imitazione dell’Occidente invertebrato e della sua anomia (non di tutto l’Occidente, però, poiché per sua fortuna e per disegno divino, la sofriana “ombra dell’eccezione cattolica” non lo abbandona). Proseguiva Benedetto XVI rispondendo a Philippe Visseyrias di France2: “La soluzione può trovarsi solo in un duplice impegno: il primo, una umanizzazione della sessualità (…), e secondo, una vera amicizia anche e soprattutto per le persone sofferenti, la disponibilità (..) ad essere con i sofferenti”. In una simile integrità assiologica, non nella burocrazia del preservativo, può essere scusata o scriminata l’adozione di una tecnica impeditiva, imposta (e solo in quanto imposta) da uno stato di necessità.
di
Pietro De Marco
20 Marzo 2009
link:

http://www.loccidentale.it/articolo/il+piacere+di+aggredire+il+papa+senza+capirne+il+messaggio.0068240

Secondo il Mufti saudita cinema e teatro "violano la shari'a"

Mercoledì 01 Aprile 2009 11:22
Cinema e teatro messi al bando dalla più importante autorità religiosa dell’Arabia Saudita: il Gran Muftì Shaikh Abdulaziz Al-Ashaikh, li giudica contrari alla shari’a (la legge islamica mutuata dal Corano, dalla Sunna, che raccoglie atti e detti del Profeta, e dalla interpretazione dei giuristi) e colpevoli di distogliere gli uomini dal Bene. «Le rappresentazioni teatrali, si tratti di cinema o di spettacoli musicali con la partecipazione di cantanti, sono generalmente contrarie alla shari’a», ha dichiarato il Gran Muftì durante un incontro con un gruppo di studenti all’Università Re Saud di Riad. Riferisce la notizia il quotidiano saudita “Gulf News” (26 marzo 2009). «La gente necessita solo di ciò che è utile per cambiare il suo modo di vivere in un modo aderente all’Islam», ha aggiunto. Il Gran Muftì ha risposto a domande sui problemi più svariati e ha, tra l’altro, esortato i giovani a non fumare. Banditi anche gli scacchi che fanno perdere «tempo» agli uomini mentre tra gli hobby non è un peccato la fotografia, definita «una necessità della vita». L’anno passato Al-Ashaikh s’era scagliato contro due popolari serie televisive turche: Nour e The last years, giudicate contrarie alla morale islamica. “Gulf News” riferisce pure che un gruppo di religiosi sauditi ha intimato al nuovo ministro dell’Informazione saudita, Abdul Aziz Khoja, di bloccare il processo di liberalizzazione nel mondo dei media, tenendo le donne saudite alla larga dallo schermo della Tv di Stato. In una dichiarazione pubblicata da siti online sauditi, i 35 religiosi – tra cui l’autorevole Abdul Rahman Al Barrak – hanno accusato il governo saudita di «violazione delle sue stesse leggi in materia di religione e di morale». (E. G.)

giovedì 2 aprile 2009

Un ricordo struggente

Un amico e collega di radio Bonaria mi ha chiesto per stasera di leggere la testimonianza che scrissi per "l'Eco di Bonaria" due anni fa, perchè ha intenzione di fare un programma per ricordare Giovanni Paolo II e ne vuole trarre spunto per parlare dei temi roventi del momento.
La testimonianza riguarda il periodo in cui la mia mamma affrontò l'agonia e, a due anni di distanza, mi pare ancora struggente e rasserenante, anche per il ricordo dolce che mi ha lasciato.
Eccola:

Che Dio stia tra te e il male in tutti gli spazi vuoti dove cammini

Non avevo capito il significato di questa frase quando mia madre me la comunicò diverso tempo fa, per cui presto la dimenticai.
Ora lei non c’è più e, mentre sistemavo le cose in casa sua, ho ritrovato quella frase in un quadretto che con cura si era fatta preparare dal nipote e ho improvvisamente capito.
Una decina d’anni prima della sua grande prova, aveva intuito ciò che era il desiderio più grande che avrebbe avuto nello spazio vuoto in cui Dio l’avrebbe condotta per sei lunghi anni.
Il venerdì santo del 2000 le diagnosticarono un tumore al polmone e fu terribile; ma si armò di coraggio e affrontò tutti gli innumerevoli cicli di chemioterapia.
Fino a luglio di quest’anno: anche all’ospedale hanno ritenuto opportuno risparmiarle lo strazio della terapia che la indeboliva, ma i ricoveri si susseguivano e lei stava sempre peggio.
Negli ultimi mesi era esausta e aveva compreso che per lei era la fine. Allora ha cominciato a rifiutare le cure, il cibo, riducendo sempre più il numero di medicinali assunti e la quantità del cibo.
Eravamo disperate: veniva l’infermiera a casa per la flebo e lei la mandava via, cercavamo di farle prendere medicine, ma lei alcune proprio le rifiutava.
Ci diceva che voleva morire, ripeteva che una vita così, in cui doveva dipendere in tutto dagli altri, non valeva la pena di essere vissuta.
Un giorno però, davanti alla sua insistenza nell’invocare la morte, le dissi ciò di cui ero profondamente convinta: “Mamma, al momento opportuno verrà la Madonna a prenderti e ti porterà nel giardino incantato che tu hai sempre sognato; e sarà una sorpresa bellissima: troverai babbo, i nonni, gli amici che ti hanno preceduto che ti stanno preparando il posto e starai benissimo. Devi solo chiamare la Madonna che si affretti a venirti a prendere”.
Non era granché praticante, ma era devota della Madonna di Guadalupe e dopo queste parole mi è sembrata rasserenata. Da quel momento la sua voce ha cominciato ad affievolirsi: ormai non parlava più se non con un soffio e l’unico grido che le usciva strozzato dalla bocca era “Maria!”.
Una volta le abbiamo chiesto: “ma chi è Maria?” e lei : “la Madonna!”.
Era duro, ma in fondo dolce, starle vicino e stringerle la mani per ore, in silenzio, mentre ogni tanto gridava sottovoce: “Maria!” ed io sentivo che Maria ci era davvero vicina e aveva pietà di noi.
Era come se avessi recuperato il mio essere figlia davanti a quella mamma con la quale c’erano spesso state incomprensioni. Ora non esistevano più. Era una pena, ma lei voleva la mia mano ed io tenevo stretta la sua, in silenzio, con una preghiera.
Il medico veniva, la visitava, le prescriveva delle cure palliative per la sofferenza e lei non sempre le accettava; ma le altre, quelle per la malattia vera e propria, ormai non le voleva più.
Rispettavamo la sua decisione, e le facevamo compagnia, con dolcezza. A un certo punto ho intuito che forse Maria se la sarebbe portata via quando finalmente si fosse arresa al disegno di Dio che, se la manteneva in vita ancora, doveva avere un suo progetto buono di certo. E allora, poiché non potevo farle grandi discorsi le dicevo: “Vedrai mamma, quando avrai veramente una grande pazienza, Maria verrà a prenderti” e da allora ho cominciato ad esortarla sempre alla pazienza.
Ha cominciato ad essere più paziente; anche se ormai quel suo “Maria!” “Maria!” era meno di un sussurro.
Il medico diceva da mesi che non avrebbe resistito per molto e ormai credevamo che questa sofferenza sarebbe durata per un tempo indefinito. In fondo i medici, dicono ciò cui può arrivare la loro conoscenza, ma solo Dio sa quando è il momento di prenderci con sé.
Poi, una mattina, dolcemente se n’è andata.
Le ho messo nella bara la rosa più bella del mio giardino perché non si presentasse a mani vuote a Maria che tanto ci aveva sostenute. Era stata infatti proprio Maria, mandata da Dio, a frapporsi tra noi e il male in quello spazio vuoto che avevamo percorso insieme.
Ecco, credo che sia questo il modo di accompagnare i malati terminali, non l'autocompiangimento di chi non sa dare significato alla sofferenza e parla di settimane o anni insopportabilmente lunghi: io quelle settimane le ho vissute ed era faticoso; ma mi è rimasto il ricordo dolce di una mamma che ora è molto vicina alla destinazione definitiva e di cui sento la protezione per me e per i miei cari.

Tutto ciò a distanza di due anni è davvero attuale se penso ai numerosi malati in condizioni terminali che spesso non hanno ha nessuno che li prepari e lo accompagni al grande e definitivo incontro col suo destino eterno e questo è ingiusto; perché non si può scippare la vita, l’unica vita che Dio ci dà.
Sicuramente vi saranno anche motivazioni laiche per essere favorevoli all’eutanasia; ma io non trovo possibile altro modo veramente umano di vivere questi momenti dolorosi che la compagnia fatta alla nostra mamma, grazie alla fede che sa dare un significato vero, buono e dolce ad ogni cosa.

Una storia di antiquariato: un antico leggío ed un vecchio Messale.


Nello studio di mia madre, faceva bella mostra di sé un leggío, molto antico, con un vecchio messale, entrambi, da sempre, nella nostra famiglia. Quando un oggetto è da tempi immemorabili sempre nel solito posto, non ci si fa più caso, si fonde con l’ambiente e fa parte dell’arredamento della stanza, ma, se lo rimuovi, tutti se ne accorgono.


Un messale da altare del 1902, tipograficamente bello, con diverse illustrazioni: un buon libro, non antico, ma che non sfigura accanto a volumi più datati.


Conformemente alla liturgia di S. Pio V è in latino e questo fu il suo “dramma”.


Quando, alla conclusione del concilio Vaticano II, le campane suonarono a morte per la Messa in latino, mia madre da fervente cattolica qual’era, accettò, obtorto collo, la nuova liturgia e pensò di sostituire il “vecchio messale” con uno nuovo.


Le immediate proteste di mio padre e mie, che eravamo decisamente contrari all’ ”oscurantismo progressista” verso cui si stava indirizzando la Chiesa, la fecero giungere ad un compromesso, mettere il ”vecchio Messale” in libreria e sostituirlo con un’edizione dei Vangeli.


Così per anni fino alla scomparsa di mia madre, quando mia sorella volle in tutti i modi il leggío. Il Vangelo era un’edizione non molto interessante, ma il leggío era della fine del ‘600 e, per un appassionato di antichità, come sono, la cosa mi andava giù male ma, dovetti ammettere che tra me laico e lei cattolica osservante, era più giusto che lo prendesse lei.


Il “povero” Messale rimase pressoché dimenticato in una libreria per tanti anni ancora, fino a quando lessi della “riabilitazione” della liturgia in latino.


Solo così mi sono ricordato di questo vecchio libro e gli ho ridato una giusta collocazione, seppur su un leggío moderno, in attesa di trovarne uno di mio gradimento, anzi di “nostro” gradimento.




copia-di-messale11.jpg

messale1-0033.jpg




messale1-0011.jpg