sabato 2 febbraio 2013

I canti religiosi nella tradizione cristiana

Dal Diario di venerdì 13 marzo 2009
Alcuni elementi mi hanno indotto a pensare che il Sud Italia possa vantare senz'altro un primato nei confronti del Nord: esso possiede un più vasto repertorio di canti popolari sacri.
L'impressione mi era scaturita già quando ebbi modo di assistere ad un evento religioso che si perpetua da secoli nella zona del Basso Lazio, riguardante i pellegrinaggi che si svolgono alla Madonna di Canneto. Un'altra ragione mi è stata fornita da un libro "Sulla musica e le storie di un'Italia perduta". E la conferma definitiva l'ho avuta assistendo ad un concerto dedicato agli antichi canti popolari sacri. Canneto, località amena situata all'interno del Parco Nazionale d'Abruzzo, è tradizionale meta, il 21 agosto di ogni anno, di una processione solenne e immensa che si svolge attorno alla chiesa del Santuario. Vi prendono parte pellegrini provenienti dai paesi del circondario, posti entro un raggio di 60 km. Durante la lunga processione, e la veglia notturna che vi fa seguito, è un continuo intonare canti invocativi alla Madonna. E ciò si ripete incessantemente anche durante le marce di andata e ritorno, o dei tragitti in comitiva con i pullman. Sono antichi canti mantenuti vivi e perpetuati oralmente da una generazione all'altra. Fino all'immediato dopoguerra, venivano trasmessi quasi solo oralmente, a causa dell'analfabetismo ancora abbastanza diffuso tra la popolazione più anziana. Un aiuto concreto veniva dalla discografia vinilica, ora divenuta incetta di collezionisti, che però era limitata ai brani più belli e più in voga (Madonna di Canneto - un popolo lieto...). Agli anziani, non necessariamente i più vecchi, era demandato il compito di trasmettere la tradizione canora ai giovani. I partecipanti, di qualsiasi provenienza, avevano l'onere di doverseli imparare a memoria, per non fare la figura di non saperli. Durante le prove, e poi durante i pellegrinaggi, era frequente assistere a colorite discussioni che avevano per argomento i testi e la musica dei canti. E non di rado, si sentivano rimbrotti pittoreschi a coloro che sbagliavano una parola o una tonalità. Vi era, poi, una sottile e velata gara tra coloro che ambivano ad eseguire la migliore interpretazione. A dimostrazione di quanto la tradizione fosse sentita da tutti, ogni paese partecipava col proprio gonfalone comunale. L'intuizione venutami dalla lettura del libro, la devo a Giovanna Marini, cantante folk del periodo della Contestazione, che dal 1975 ha insegnato estetica del canto popolare alla Scuola di Musica di Testaccio (Roma). Nei periodi di Quaresima, dal 1991 Giovanna Marini organizza viaggi sistematici di ricerca di brani "in via d'estinzione". Ricordi di quei viaggi sono racchiusi nel suo libro Una mattina mi son svegliata (Rizzoli, prima edizione 2005). Dei dodici viaggi descritti nel libro, ben dieci sono avvenuti in Italia meridionale; solo due in Toscana e Liguria. Vi si narra anche, in modo professionale, del modo come vengono intonati i brani tipici, che hanno resa famosa quella data località, per quella data peculiarità. Fatti in gruppo, da comitive di studenti italo-francesi, i dieci viaggi verso l'Italia meridionale sono avvenuti a: Giulianello e Sessa Aurunca; Giulianello; Castelsardo e Orgosolo; Fiuggi, Blera, Verbicaro e Nocera Tirinese; Palermo, con tappa programmata da Mimmo Cuticchio ultimo valido cuntista (cantastorie) siciliano, e poi a Montedoro e Milena; Calamonaci, Agrigento, Barcellona-Pozzo di Gotto; in Salento; San Costantino Briatico, colonia albanese del Monte Pollino; e, anche se non c'entra niente con i canti sacri, nel '99 è stata anche al Cantamaggio, in Toscana, arricchendo così il libro di storie e aneddoti. Nel 2000 a Orosei, ultimo dei viaggi misti italo-frencesi. E poi, con comitive solo italiane, a Cuglieri (Sardegna); a Piana degli Albanesi (Palermo). Nel 2003 a Sessa Aurunca (Caserta) per ascoltare il Miserere di Sessa, che è per vocalità maschile, ma, di recente, è stata una donna a cantarlo, e ciò ha suscitato vivo interesse nei ricercatori, che hanno voluto andare a cercarla. Pasqua del 2004, eccezionalmente al nord, a Ceriana (Savona) per ascoltare la Lauda de la Madona de la Vila. "E' un canto polifonico costituito da un lunghissimo melisma: dura più o meno dieci minuti, con una nota di bordone bassa comune ai due accordi di tonica e dominante, quindi una quinta, su cui si articola tutto il canto: sembra veramente un alleluiatico. L'insieme è molto emozionante, perchè ci sono solo due solisti, a distanza di terze parallele, un primo con una voce dolcissima, e un secondo con voce di altro timbro, ma egualmente interessante, sui quali entrrano di spinta tutti i componenti della compagnia, tutti sulla quinta, tutti insieme, e fanno sempre la stessa nota per tutto il pezzo, ma non trovano la cosa nè noiosa nè facile. Infatti, non lo è. Cantano appoggiati uno all'altro, spesso con la mano sull'orecchio per intonare bene la loro unica nota che va rinnovata e sostenuta, perchè se calassero - cosa probabilissima - trascinerebbero i due solisti su tonalità sbagliate." Non essendo un esperto musicologo, ho trascritto un brano integrale della Marini, per cercare di trasmettere un po' delle emozioni che ho provato nell'assistere al concerto vocale strumentale del Gruppo di Canto Popolare di Nova Milanese, sabato 7 marzo 2009. Anche le Sorelle Elli, direttrici del Gruppo, hanno dovuto, o voluto, attingere al repertorio meridionale, per poter allestire un programma, risultato poi di ottima fattura.Il concerto, dedicato alla Festa della Donna, e concomitante con l'inizio del periodo di quaresima, è stato quasi tutto incentrato su canti popolari sacri, tratti dal più vasto repertorio religioso meridionale. Ad ospitare l'evento è stato il Parroco di Nova Milanese, che ha concesso l'uso della Chiesa di Sant 'Antonino Martire, per fare svolgere l'evento. Festa della donna e Quaresima, non potevano che far suggerire un'esibizione di canti sacri incentrati sul dolore della Madonna, per la passione, Calvario e morte di Gesù Cristo: Mater Dolorosa. E' stato per me oltremodo curioso osservare come se la sarebbero cavata, col dialetto antico meridionale, donne del Nord abituate quindi ai dialetti di qua. La prova è stata egregiamente superata. E, in un brano da solista, su Passione e Crocefissione, Mariuccia Elli, la veterana del Gruppo, si è cimentata in un pezzo di alto virtuosismo, dimostrando così una bravura superlativa. E' stata chiesta una replica del concerto: chissà se verrà accolta...

lunedì 28 gennaio 2013

Santa Giuseppina Bakhita

Santuario Madonna del Rosario - Vimercate

Quel giorno le campane di Vimercate suonavano a distesa, ed io, da una stanza del suo vecchio ospedale non ne capivo le ragioni: venivo da fuori, e non ero informato di quanto stava avvenendo in  città. Il motivo lo intuii più tardi, quando una suora, in visita ai reparti, mi donò un santino con l'effige di colei che era stata canonizzata quel giorno in San Pietro. L'immaginetta, ben conservata, reca scritto Madre Giuseppina Bakhita, con sotto la foto di una suora nera. Più sotto sta scritto che è la prima santa africana.

Madre Giuseppina Bakhita - dal Forum Virgilio

Era la domenica I° ottobre 2000, e fu solo anni dopo, ripensando a quel giorno, che capii le vere ragioni di tanta festa: suor Bakhita aveva trascorso due anni nel noviziato di quella città. Era giunta lì da Schio, per dare una mano alle consorelle, sciegliendo spontaneamente di svolgervi servizi umili e faticosi. Era il 1937, e suor Giuseppina, già in odore di santità, aveva 68 anni. Durante quei due anni di soggiorno a Vimercate, visitò alcuni centri canossiani, dislocati soprattutto nel nord Italia. Durante una di quelle visite, pervenne a Nova Milanese.
Nova in quegli anni era ancora un piccolo centro, prettamente rurale, di nemmeno 5000 abitanti, che vivevano all'interno di corti e cortili, 45 delle quali resistono tuttora, quale segno distintivo di questa cittadina brianzola. C'era un solo asilo, distante pochi passi dalla chiesa parrocchiale. Fungeva anche da oratorio femminile, e conteneva un'aula adibita a scuola di cucito. Le suore, dell'Ordine Canossiano, dimoravano al piano superiore dell'asilo. In una di quelle stanze visse il suo periodo novese suor Bakhita. Ancora oggi, anziani del luogo, che allora avevano tra i 6 e i 10 anni, hanno un vivo ricordo della "suora nera" della loro infanzia. Li intratteneva nel gioco, accompagnandoli poi in chiesa per le funzioni. L'asilo era stato costruito nel 1913, rapidamente, e con gli scarsi mezzi finanziari del tempo. Alla fine degli anni '80, non più a norma con le direttive moderne, l'asilo venne demolito. Ora, in tutto il comprensorio comunale esistono almeno cinque nuovi moderni asili. Del vecchio asilo, dove soggiornò la Santa, non esiste più nulla.

Dopo la canonizzazione di suor Bakhita, l'amministrazione novese dovette decidere se dedicarle o meno un appropriato spazio o luogo pubblico, che ricordasse degnamente il suo passaggio da questo territorio. L'imput venne da una petizione popolare. Fu creato un parco, che venne intitolato alla Santa. Così nacque Parco Bakhita di Nova Milanese, nel 2007 (vedi anche il post Toponomastica femminile). E' bene ricordare che la causa di beatificazione di suor Bakhita era iniziata nel 1959, ad appena 12 anni dalla sua morte, indice questo di grande santità.

Ciò nonostante, però, Santa Bakhita restava sempre sconosciuta al grande pubblico. Ci ha pensato Rai1 a rompere il silenzio, realizzando, nel 2008, la ponderosa fiction romanzata: Bakhita.
Trasmessa su Rai1 il 5 aprile 2009, è stata riproposta da Tv2000, nelle sere del 19 e 20 maggio scorso. La fiction ripercorre tutta la vita della santa, dalla nascita fino all'arrivo a Venezia, discostandosi un poco dalla storia vera, ma solo per esigenze cinematografiche, e senza però snaturarne l'essenza. Nella fiction il racconto della vita di suor Bakhita si interrompe nel punto in cui viene battezzata, cresimata, e pronuncia poi i voti che le consentiranno di entrare nell'Ordine delle suore Canossiane. Stando alla storia vera siamo nel 1896.


1/6/2012 - Parco comunale Bakhita - Nova Milanese - foto di Mariella Simonetta

La news di Antonio Socci, del Natale 2008, dedicata totalmente alla santa, può essere considerata una sorta di panegirico, sulla falsariga di quanto Dante scrisse di San Francesco nella Divina Commedia, 700 anni fa (Paradiso, Canto XI). Per conoscenza, trascrivo alcuni brani della news:

..."La padrona quel giorno si annoiava, così decise di far seviziare le tre ragazzine nere che aveva comprato come schiave: avevano circa 10 o 11 anni. Bakhita fu bloccata a terra e con un rasoio le fecero 114 tagli nella carne. Poi riempirono di sale le ferite. Così, per divertimento. Perché era considerata una cosa dai padroni musulmani.

All’età di sette anni, nel 1876, era stata rapita nel suo villaggio sudanese e venduta come schiava quattro volte. Aveva conosciuto solo la ferocia. Così è la storia umana senza Gesù. ...

... Morta nel 1947, è stata proclamata santa nel 2000. Non c’è situazione tanto estrema e drammatica che non possa essere raggiunta e liberata da Dio fatto uomo. Anche oggi, tempo di diverse schiavitù. ...".

Di lei sono stati scritti diversi saggi, due dei quali scandagliano a fondo il pensiero della santa. Nel primo, "A Sua immagine", di Cànopi Anna Maria, Edizioni Emp, viene accomunata ad altri tredici mistici, dalla santità altrettanto eroica, tra i quali: Elisabetta della Trinità, Silvano del Monte Athos , Faustina Kowalska, Luigi Orione, Massimiliano Maria Kolbe, Edith Stein.
Nel secondo, "Quarto libro dei ritratti di santi", di Antonio Maria Sicari, Edizioni Jaca Book, viene ritratta in compagnia di altri "grandi santi". Tra di loro: Chiara d'Assisi, Antonio di Padova, Rita da Cascia.

Qui il trailer del film della Rai: http://youtu.be/w3NdcWR9mSs

Post correlati:
Istituto Canossiano - Venezia
Chiesa di Sant'Alvise - Venezia

Dal Diario dell'11 giugno 2012 

giovedì 30 settembre 2010

Un agnostico anti UAAR: le radice cristiane viste da me.


di Marcello di Mammi.

Penso che sia giusto fare una precisazione: molto di quello che scrivo e che scriverò anche in seguito, sono mie opinioni personali o desunte da argomentazioni di professionisti seri, che possono non essere, e spesso non lo sono, in sintonia con l’attuale dottrina della Chiesa, ma credo che lo scopo principale di questa associazione, che è anche il mio, sia quello di rintuzzare gli assalti preconcetti e soprattutto politicizzati di ambienti atei, laicisti e negazionisti e quindi confido che queste mie dissonanze mi si perdoneranno, anche se preferirei che mi venissero controbattute.

Oriana Fallaci si dichiarava un’ “atea cristiana”, sembra una contraddizione ma non lo è. In questi giorni cade il capodanno ebraico, 5771 anni dalla data della creazione che, secondo le tradizioni ebraiche, risale al 3761 a.C.; col nostro calendario siamo nel 2010 d.C.,anche questa data è convenzionale, perché probabilmente errata di qualche anno; siamo nell’anno 2763 dalla fondazione di Roma, mi domando come si possano negare le radici giudaico cristiane e romane della nostra civiltà.

Solo delle persone culturalmente impreparate o, più probabilmente in malafede, come gli euroburocrati di Bruxelles, possono negare questa realtà storica. Che si sia credenti o meno non si può prescindere dalla nostra Storia, dalla nostra Cultura, dalla nostra Civiltà, che poi ci siano stati alti e bassi o conflitti questo, nei millenni, è inevitabile. La storia la fanno gli uomini e, spesso, non sono all’altezza di farla.

Giusto, giustissimo il discorso della Fallaci: atea perché non crede ma cristiana per cultura e tradizione.

Ed è questo il punto cruciale: perché la Chiesa ha abbandonato la sua tradizione? Una Santa Cattolica Apostolica Romana. Dopo il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha perso queste sue prerogative specialmente l’unità.

L’abbandono del latino (anche se,dopo tanti anni è stato parzialmente riabilitato da Benedetto XVI con un suo Motu Proprio), e il frantumarsi delle liturgie nei linguaggi locali, ha dato adito a movimenti disgreganti, favorendo un culto “fai da te” che, di fatto, indebolisce la Chiesa.

Gli attacchi alla Chiesa vengono da lontano e ci sono sempre stati, ma oggi hanno assunto una virulenza senza precedenti e perché? La chiesa, che non è il credere o la religione, ma l’istituzione che deve diffondere e difendere il credo, non può, come istituzione, essere buonista o tollerante con i propri nemici, ma è proprio quello che accade oggi. ”Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre” (Is 5, 20).

«Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato» (Gv, 2,13-16)

Anche se in forma allegorica i messaggi di Isaia e del Cristo sono forti e chiari. Direi che oggi ci siano troppe ambiguità, troppi scambi tra luci e tenebre, troppi mercanti che mettono in pericolo l’esistenza stessa della Chiesa, non è tollerabile che ci siano ecclesiastici che tifano islam, quando l’islam è notoriamente il principale nemico della nostra Civiltà, delle nostre tradizioni culturali oltre ad essere una religione prevaricatrice dei diritti umani e delle libertà.

Se fino ad oggi siamo stati cristiani o culturalmente cristiani, lo dobbiamo principalmente a S. Pio V, alla Lega Santa, alle vittorie di Lepanto e nella battaglia di Vienna e al sacrificio di migliaia di cristiani uccisi in queste battaglie: quando è necessario occorre mettere dei paletti ben solidi. Oggi questi paletti sono stati divelti. Questi attacchi laicisti principalmente alla Chiesa Cattolica, dimostrano che il “nemico” ritiene che Essa sia debole, non si capisce, infatti, il quasi totale silenzio degli atei sull’islam, se uno è ateo lo è per qualunque dio e per qualunque religione. Ho detto non si capisce, ma si spiega benissimo: si tratta di pura e semplice vigliaccheria

domenica 4 aprile 2010

Pasqua. Cristo è risorto

Pasqua 2010
Haendel: Cristo è risorto

venerdì 19 marzo 2010

Festività di San Giuseppe in Sicilia


Soprattutto in quest'ultimo mese, il post Festività di San Giuseppe in Sicilia è stato uno dei più gettonati del mio blog. E credo lo sia stato per quei siciliani internauti molto interessati alla festa. Nel post parlavo del paese di Acate, in provincia di Ragusa, e l'altro ieri mi ha fatto visita il sito di Natuscia lasciandomi il link per la Festa di San Giuseppe, che ad Acate è ancor oggi molto sentita.
Conosco bene quel paese, per esserci passato con mia moglie in viaggio di nozze. Lei aveva lì alcuni parenti e amici. Ed era stato in quell'occasione che avevo sentito parlare di questa festa, oltre ad aver sentito raccontare di tante altre storie di antiche tradizioni, che, in quella parte della Sicilia sud orientale ancora sopravvivono; tra cui, un rarissimo filmato amatoriale, che credo sia andato perduto, dall'emblematico titolo di "Là dove il tempo si è fermato". Tempo permettendo, scavando nella memoria, cercherò di raccontare qualcosa di quel filmato nel proseguo del blog.
Per stare in tema con la giornata, dedicata alla festa dei papà, ed in primis di San Giuseppe, che di Gesù è stato il padre putativo, ripropongo un brano di quell'articolo pubblicato l'anno scorso.

"Nella tradizione siciliana, la festività di San Giuseppe - qui venerato per essere il protettore degli orfani, i poveri e le ragazze nubili - è particolarmente sentita per le intercessioni e le grazie ricevute da parte del padre putativo del Cristo; per Acate è una ricorrenza ancor più speciale. Per l'occasione si usa preparare un pranzo, detto "pranzo sacro", offerto simbolicamente a tre persone particolarmente bisognose del paese, che rappresentano la Sacra Famiglia.
Il banchetto, allestito oggi all'interno delle case, si svolge su di una grande tavola dove, ai "tre santi", vengono servite svariate pietanze".


La festa, a quel che mi è dato di conoscere, tocca, a volte, vette di grande carità cristiana. Ho conosciuto il caso di una vedova di uno di quei paesi della Sicilia sud orientale che, pur nella sua ristrettezza, qualche anno fa, per adempiere ad un voto, aveva organizzato un fastoso "pranzo sacro". Secondo un'antica tradizione chi ha fatto quel voto si deve impegnare pubblicamente a dare vitto e alloggio per quel giorno alla famiglia più povera del paese; e le porte di quella casa, per quel giorno, devono restare spalancate e accessibili a chiunque voglia assistere e "guardare in faccia" i membri della "Sacra famiglia". La scelta della famiglia viene fatta di comune accordo col parroco del paese, e quell'anno, alla nostra vedova, era toccato dare vitto e assistenza alla famiglia di un carcerato. Questa, rimasta senza sostegno, dopo l'arresto del capofamiglia, era caduta nella misera più nera. A quel punto era stato ovvio far cadere la scelta su quella famiglia, rimasta senza alcun sostegno economico. Il pranzo venne ufficializzato e, come sempre, se ne diede ampia pubblicità con vari mezzi, in primis quello dell'annuncio in chiesa. In deroga all'obbligo di festeggiare la "Sacra famiglia" a porte aperte, il parente in carcere aveva però ottenuto di far effettuare i "festeggiamenti" a porte chiuse. Pur nella disgrazia, nella sua dignità non volle che i suoi familiari mostrassero agli altri il volto della povertà. Tutte le cibarie rimaste di quella festa, e molto altro di più, furono consegnati a quella famiglia, che trovò così di che sfamarsi per i giorni e giorni successivi. Credo anche che quella piccola comunità, che aveva aiutato nell'allestimento di quella festa, si sia poi presa in carico di assistere quei bambini: affinchè le colpe dei padri non ricadano sui figli.
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Questo è il mio modesto contributo alla festa che anche quest'anno si sta svolgendo in quel paese. A quelle famiglie in festa, padroni di casa, vicini che collaborano, e ospiti, porgo i miei più sentiti auguri per una buona riuscita.
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La foto sopra è tratta dal sito http://www.touribleo.com/tour/

domenica 31 gennaio 2010

Largo di Handel

Largo di Handel, qui in versione per orchestra. Su YouTube esistono tante altre versioni: per organo, per piano, per coro, per solista lirico, tenore o soprano, ecc. C'è solo l'imbarazzo della scelta. L'ho ascoltato stamattina in versione canto liturgico, nel corso della messa televisiva su Rai1. Corredato di un testo religioso ricco di accattivanti suggestioni, con ringraziamenti rivolti a Dio, mi ha profondamente commosso.
E' un canto capace di trasmettere gioia e letizia. Buon ascolto.

martedì 5 gennaio 2010

L'enigma della stella di Betlemme



martedì, 05 gennaio 2010


L'enigma della stella di Betlemme
Da Storia libera traggo questo interessante brano di Vittorio Messori, tratto da "Ipotesi su Gesù", SEI:

Viene ancora dall'archeologia un'altra serie di strane testimonianze. Noi oggi sappiamo con sicurezza che la più celebre astrologia del mondo antico, quella babilonese, non soltanto era anch'essa in attesa del Messia dalla Palestina.

 Ma ne aveva previsto la data con una precisione ancor maggiore di quella degli esseni. Ecco qui di seguito la vicenda: libero ciascuno di trarne le conclusioni che gli pare.
Tutto parte dalla stella (il testo non parla mai di cometa, come molti credono) che avrebbe brillato nel cielo di Betlemme alla nascita di Gesù e dal conseguente arrivo di certi magi dall'Oriente. Così, almeno, quanto si racconta nel vangelo di Matteo.
Non si è naturalmente raggiunta la certezza che le cose si siano davvero svolte come raccontato da Matteo, né si giungerà mai a questa sicurezza: è però certo che l'ipotesi che si tratti di un racconto simbolico deve fare i conti con una serie di scoperte effettuate nell'arco degli ultimi tre secoli.
Pare intanto provato ormai scientificamente che gli astrologi babilonesi (quasi certamente i magi di Matteo) attendevano la nascita del «dominatore del mondo» a partire dall'anno 7 a.C. Questa data, con l'anno 6 a.C., è tra quelle che gli studiosi danno come più sicure per la nascita di Gesù. Il monaco Dionigi il Piccolo, infatti, calcolando nel 533 l'inizio della nuova era, si sbagliò e posticipò di circa 6 anni la data della Natività.
In questa luce, acquistano nuovo suono i due versetti del secondo capitolo di Matteo: «Nato Gesù in Betlemme di Giuda, al tempo del re Erode, ecco dei magi arrivare dall'oriente a Gerusalemme, dicendo: "Dov'è nato il re dei Giudei? Abbiamo veduto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo"».
Ecco le tappe che avrebbero portato a chiarire il perché dell'arrivo e della domanda dei magi. Una vicenda che ha quasi il sapore di un «giallo».
Nel dicembre del 1603 il celebre Keplero, uno dei padri dell'astronomia moderna, osserva da Praga la luminosissima congiunzione (l'avvicinamento, cioè) di Giove e Saturno nella costellazione dei Pesci. Keplero, con certi suoi calcoli, stabilisce che lo stesso fenomeno (che provoca una luce intensa e vistosa nel cielo stellato) deve essersi verificato anche nel 7 a.C. Lo stesso astronomo scopre poi un antico commentario alla Scrittura del rabbino Abarbanel che ricorda come, secondo una credenza degli ebrei, il Messia sarebbe apparso proprio quando, nella costellazione dei Pesci, Giove e Saturno avessero unito la loro luce.
Pochi diedero qualche peso a queste scoperte di Keplero: prima di tutto perché la critica non aveva ancora stabilito con certezza che Gesù era nato prima della data tradizionale. Quel 7 a.C., dunque, non «impressionava». E poi anche perché l'astronomo univa troppo volentieri ai risultati scientifici le divagazioni mistiche.
Oltre due secoli dopo, lo studioso danese Münter scopre e decifra un commentario ebraico medievale al libro di Daniele, proprio quello delle «settanta settimane». Münter prova con quell'antico testo che ancora nel Medio Evo per alcuni dotti giudei la congiunzione Giove-Saturno nella costellazione dei Pesci era uno dei «segni» che dovevano accompagnare la nascita del Messia. Si ha così una riprova della credenza giudaica segnalata da Keplero che, con le «date» di Giacobbe e di Daniele, può avere alimentato l'attesa ebraica del primo secolo.
Nel 1902 è pubblicata la cosiddetta Tavola planetaria, conservata ora a Berlino: è un papiro egiziano che riporta con esattezza i moti dei pianeti dal 17 a.C. al 10 d.C. I calcoli di Keplero (già confermati del resto dagli astronomi moderni) trovano una conferma ulteriore, basata addirittura sull'osservazione diretta degli studiosi egiziani che avevano compilato la «tavola». Nel 7 a.C. si era appunto verificata la congiunzione Giove-Saturno ed era stata visibilissima e luminosissima su tutto il Mediterraneo.
Infine, nel 1925 è pubblicato il Calendario stellare di Sippar. E' una tavoletta in terracotta con scrittura cuneiforme proveniente appunto dall'antica città di Sippar, sull'Eufrate, sede di un'importante scuola di astrologia babilonese. Nel «calendario» sono riportati tutti i movimenti e le congiunzioni celesti proprio del 7 a.C. Perché quell'anno? Perché, secondo gli astronomi babilonesi, nel 7 a.C. la congiunzione di Giove con Saturno nel segno dei Pesci doveva verificarsi per ben tre volte: il 29 maggio, il 1° ottobre e il 5 dicembre. Da notare che quella congiunzione si verifica soltanto ogni 794 anni e per una volta sola: nel 7 a.C., invece, si ebbe per tre volte. Anche questo calcolo degli antichissimi esperti di Sippar fu trovato esatto dagli astronomi contemporanei.
Gli archeologi hanno infine decifrato la simbologia degli astrologi babilonesi. Ecco i loro risultati: Giove, per quegli antichi indovini, era il pianeta dei dominatori del mondo. Saturno il pianeta protettore d'Israele. La costellazione dei Pesci era considerata il segno della «Fine dei Tempi», dell'inizio cioè dell'era messianica.
Dunque, potrebbe essere qualcosa di più di un mito il racconto di Matteo dell'arrivo dall'Oriente a Gerusalemme di sapienti, di magi, che chiedono «Dov'è nato il re dei giudei?».
E' ormai certo, infatti, che tra il Tigri e l'Eufrate non solo si aspettava (come in tutto l'Oriente) un Messia che doveva giungere da Israele. Ma che si era pure stabilito con stupefacente sicurezza che doveva nascere in un tempo determinato.

Quel tempo in cui, per i cristiani, il «dominatore del mondo» è veramente apparso
Qui potete trovare un interessante dossier sull'argomento

Postato da Anna
http://annavercors.splinder.com/post/21997612/L%27enigma+della+stella+di+Betle