domenica 19 aprile 2009

ALCUNE OSSERVAZIONI SULLA TRASFIGURAZIONE DI CRISTO

La civiltà mesopotamica aveva elaborato la credenza in un alone luminoso, melammu, irraggiante dagli dei e dalle loro statue. Da questa concezione discende nel tempo l’analoga concezione, inizialmente diffusa nel Vicino Oriente antico e nell’area indoiranica, di un’aureola luminosa caratteristica dei personaggi divini e dei sovrani legittimi. Particolarmente forte era nelle culture persiane ed indiane la nozione di “gloria luminosa”, varenya in lingua vedica, “Luce di Gloria” xvarnah, in lingua iranica, luce della primigenia creazione di Ahura Mazda, il cui simbolo è la luminosità dell’alba . Questa concezione interessa anche il mondo mediterraneo, giungendo a rappresentare il fondamento della credenza nelle apparizioni luminose, quali si possono ritrovare nel trattato Sui misteri del filosofo neoplatico Iamblico, oppure nella narrazione della nascita di Gesù contenuta nel Vangelo di Luca, ove il bambino neonato è presentato circondato dal fulgore delle schiere angeliche (particolare di probabile derivazione persiana, non solo nella luminosità ma anche nella presenza degli angeli) nei racconti evangelici (Mc. 9,1; Mt.17,1; Lc. 9,28) della trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, oltre alla narrazione degli Atti degli apostoli di Luca della discesa pentecostale dello Spirito Santo. Uno sviluppo della dottrina del melammu mesopotamico è anche la narrazione buddista della “trasfigurazione” di Sakiamuni, il quale, attorniato dai suoi discepoli, risplende circonfuso di luce sulla sommità di una scalinata della città indiana di Sankashya, episodio che si può porre in parallelo al suddetto episodio evangelico ambientato sul Tabor. Anzi, alcuni “eretici” della chiesa cristiana antica ritenevano che Gesù fosse diventato Dio a tutti gli effetti soltanto al momento della Trasfigurazione sul Tabor.
Tra le fonti che hanno condotto alla formazione del passo, si deve considerare anche il racconto di Es 24,12-18, dove Mosè e Giosuè salgono sul monte Sinai per ordine di Jahvé, mentre la “gloria divina” si irradia sul monte ed una nube incombe sulla montagna stessa. Una volta salito, Mosè s’inoltra nella nube. Si deve segnalare tra le fonti anche un altro passo, quello di Es 34,29-35, che dice che il volto di Mosè divenne luminose mentre si trovava in colloquio con Jahvé, inducendo a timore gli ebrei. Non si deve neppure dimenticare che nel giudaismo antico veterotestamentario esiste l’idea che alla fine dei tempi i volti dei “giusti” saranno circonfusi di luce, non diversamente dalle loro vesti. Infatti, nel giudaismo ellenistico si riteneva che, dopo la fine del mondo, il Giudizio Grande e la risurrezione, i giusti assumessero l’aspetto luminoso caratteristico degli angeli, luce che è quella divina e che si irradia dal Santo verso tutti gli esseri degni di essere partecipi della sua gloria. Anche lo splendore delle vesti appartiene al repertorio tradizionale ebraico delle immagini della condizione post mortem, per poi passare al Nuovo Testamento, oltre che il testo evangelico anche l’Apocalisse di Giovanni (Henoch, 62,15.16; Ap 3,4; 7,9). Inoltre, l’immagine della trasfigurazione luminosa delle vesti appartiene, prima ancora che alla religione sumerica, egiziana od a qualsiasi altra, all’attività mitopoietica della psiche umana; non sorprende pertanto che questa immagine simbolica appaia anche altrove, come ad esempio nelle fiabe, in cui la figlia del re, liberata dalla prigionia, porta vesti celesti nelle tre notti precedenti le nozze, nelle ore della massima luminosità del sole, della luna e delle stelle. Fiabe del genere sono, tra i racconti dei fratelli Grimm, Cenerentola od il Tamburino.
Nel racconto evangelico della Trasfigurazione del Cristo si ha l’applicazione di questo ordine di credenze ad un essere che è ritenuto, per applicare un termine induista in modo improprio, un “liberato in vita”. Il Cristo ascende verso la montagna e giunge a superare la realtà immanente, la Terra, per arrivare al Cielo, il livello trascendente, dove riceve la trasfigurazione luminosa che attende tutti i beati in futuro. La venuta del Cristo è già una attualizzazione delle speranze escatologiche, o meglio una loro promessa ed annuncio.
Proprio per questa sua valenza simbolica, l’immagine della Trasfigurazione ha conosciuto grandissima fortuna nel cristianesimo greco-orientale, cioè l’Ortodossia, che ne ha fatto uno dei modelli ispiratori della sua mistica, in particolare attraverso l’idea di luce divina increata, che viene ad essere partecipata all’uomo. La diversità fra cristianesimo greco e latino passa anzi anche per la diversa concezione della Trasfigurazione e l'interpretazione del concetto di "luce taboritica".

3 commenti:

  1. Tra la trasfigurazione di Buddha e quella di Cristo esiste una differenza direi essenziale:
    per Buddha è la fine della vita terrena e la reintegrazione del soggetto-oggetto nel Soggetto Assoluto, per il Cristo è solo un'anticipazione dell'Ascensione.

    Nel libro Srimad Bhagavatam il cui oggetto è la Verità Assoluta,si legge:

    "I saggi spiritualisti che conoscono la Verità Assoluta chiamano questa Sostanza unica,al di là di ogni dualità,col nome di Brahman,Paramatma o Bhagavan."

    Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami PrabHupada(32° maestro spirituale dopo Krsna),così commenta questo verso:

    "....la Verità assoluta è sufficiente a Se stessa, possiede la conoscenza perfetta ed è libera da ogni illusione generata dal concetto di relatività. Nel mondo del relativo ciò che conosce è distinto da ciò che è conosciuto,mentre sul piano della Verità Assoluta non c'è alcuna distinzione."

    "La Verità Assoluta è contemporaneamente soggetto ed oggetto perché non vi si distingue alcuna differenza di ordine qualitativo"
    Perciò ,Brahman,Paramatma e Bhagavan sono ,sul piano qualitativo,un'unica Verità.

    Brahman è la persona suprema e rappresenta l'aspetto ultimo di questa Verità Assoluta, Paramatma rappresenta una visione parziale del Signore Supremo, mentre Brahman rappresenta " lo sfolgorio irradiante del Suo Corpo,come i raggi che emanano dal corpo del deva del sole."
    Mi sempra possibile un certo accostamento con la Trinità: un Dio unico ma trimorfico.

    Il fatto che Buddha sia vissuto circa 400 anni prima di Cristo mi fa dubitare che questo parallelismo non sia proprio una cosa eccezionale, ma che derivi da fattori più antichi.
    La luce in sé e tutto ciò che emana luce è sempre stato nell'antichità oggetto di culto, prova ne sono che in tempi diversi e luoghi lontani, molte religioni si basavano direttamente o indirettamente sul culto del sole.
    Non meraviglia, pertanto, che quando si vuol dare un’aureola di divinità si ricorra all’emanazione della luce. Direi che la luce sia l’elemento che accomuna tutti questi fenomeni religiosi.
    Non vi dubbio alcuno che, anche oggi, la luce rappresenta qualcosa di eccezionale nell’Universo:Einstein docet.

    Marcello

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  2. Caro Acquaeductus,
    è indubbiamente vero quel che tu scrivi sulla diversità di significato fra le due "trasfigurazioni", né avevo inteso negarla. Il mio era una confronto tra due racconti ispirati, in parte, ad una medesima tipologia, la quale risulta però storicamente differenziata.
    Secondo il Durand, nella sua "archetipologia dell'immaginario", il simbolismo della luce sarebbe collegato ad un complesso simbolico innato nella mente umana.
    Arrivederci a presto
    Marco

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  3. Caro Marco
    il mio non era un appunto, ma semplicemente una considerazione; che gli episodi abbiano una certa assonanza è indubbio.
    Il simbolismo della luce nella mente umana potrebbe avere anche una spiegazione scientifica. Come accennato nel comm. precedente la luce ha un ruolo preminente nell'universo.
    Tutto l'universo,esseri viventi compresi,sono permeati,da sempre,dalle onde elettromagnetiche e,tenendo conto anche di altri fattori derivanti dalla struttura della materia,come viene ipotizzata oggi (teoria del stringhe), potrebbe essere che a livello inconscio ci sia e ci sia stata una certa influenza.
    Non dimentichiamo che la costante di trasformazione dell'energia in materia e viceversa, dipende proprio dalla velocità (al quadrato) della luce nel vuoto, che, al momento, appare come l'unica cosa immutabile in “questo” universo che è in continuo divenire in uno spaziotempo deformabile.
    Per tornare in tema azzarderei dire che la trasfigurazione è un'esondazione extracorporea dell'energia intrinseca.

    Ammesso che questi episodi siano veramente accaduti come descritti nei Libri....

    ciao
    Marcello

    ps.è un breve post, ma direi significativo. http://sarcastycon3.wordpress.com/2006/10/26/in-cima-alla-montagna/

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