E’ appena uscito il volume di Andrea Tornielli, “Paolo VI. L’audacia di un Papa” (Mondadori) che offre un’ampia documentazione sulla figura di Giovanni Battista Montini e sul suo pontificato. Merita l’attenzione e la discussione degli storici. Io, in questa rubrica, segnalo solo alcune perle che mi interessano – diciamo – personalmente. Anzitutto dalla documentazione di Tornielli risulta più che confermato il “fatto” a cui, su queste colonne, ho dedicato una lunga inchiesta, ovvero la mancata condanna esplicita del comunismo al Concilio Vaticano II, conseguente a un preventivo accordo fra alcuni uomini del Vaticano e Mosca (accordo che di fatto ha espropriato il Concilio delle sue prerogative). Tornielli aggiunge alla documentazione nota una lettera inedita del cardinale Tisserant, del 22 agosto 1962, che conferma tale “accordo” fatto sotto Giovanni XXIII. Nelle pagine di Tornielli c’è pure la conferma della scorrettezza regolamentare con cui poi, al Concilio, si impedì la votazione della richiesta di condanna del comunismo firmata da oltre 400 Padri conciliari. Infine l’autore rileva un ultimo fatto: “curiosamente, la circostanza (di questo accordo Roma-Mosca del 1962, di cui c’è traccia esplicita anche in un appunto di Paolo VI, nda) è taciuta o bollata come ‘infondata’ in molte ricostruzioni e nella più completa storia del concilio Vaticano II”. Sarebbe il caso che questi storici dessero serie spiegazioni.
Mea culpa
A cogliere l’enormità del caso è stato il cardinale Biffi in un suo libro recente: “Il comunismo è stato senza dubbio il fenomeno storico più imponente, più duraturo, più straripante del secolo ventesimo; e il Concilio, che pure aveva proposto una costituzione ‘Sulla Chiesa nel mondo contemporaneo’, non ne parla… Il comunismo (ed era la prima volta nella storia delle insipienze umane) aveva praticamente imposto alle popolazioni assoggettate l’ateismo, come una specie di filosofia ufficiale e di paradossale ‘religione di stato’; e il Concilio, che pur si diffonde sul caso degli atei, non ne parla.
Negli stessi anni in cui si svolgeva l’assise ecumenica, le prigioni comuniste erano ancora tutti luoghi di indicibili sofferenze e di umiliazioni inflitte a numerosi ‘testimoni della fede’ (vescovi, presbiteri, laici convinti credenti in Cristo); e il Concilio non ne parla. Altro che i supposti silenzi nei confronti delle criminose aberrazioni del nazismo, che persino alcuni cattolici (anche tra quelli attivi al Concilio) hanno poi rimproverato a Pio XII” (Memorie e digressioni, Cantagalli 2007).
Segreti e segretari
Il libro di Tornielli precisa anche il momento in cui Paolo VI lesse il famoso terzo segreto di Fatima. In un recente volume del cardinal Bertone si legge che Giovanni XXIII dopo averlo letto nel 1959 “lo rimandò al S. Uffizio”. Quindi “Paolo VI lo lesse il 27 marzo 1965”. Tornielli mostra che invece papa Montini lo lesse già il 27 giugno 1963, ma trovandolo nell’appartamento pontificio, e lo prova proprio con la testimonianza che monsignor Capovilla ha recapitato al cardinal Bertone per la presentazione del suo libro. Se papa Roncalli rispedì il testo al S. Uffizio nel 1959, quello che Paolo VI trovò nel 1963 nell’appartamento pontificio che testo era? Siccome è documentata, da Bertone, anche la lettura che Paolo VI fece del Segreto nel 1965, facendolo prendere proprio dagli archivi del S. Uffizio, molti ritengono che potessero essere due parti diverse del Terzo segreto, che risultano anche da altri elementi. C’è un’altra ipotesi: che esistessero due copie dello stesso segreto conservate in luoghi diversi. Infine, terza ipotesi, uno dei due potrebbe essere uno scritto di suor Lucia non ritenuto da Roncalli una rivelazione soprannaturale (a distanza di anni si potrebbe dirlo, così chiudendo definitivamente un caso). Possono esserci pure altre spiegazioni a noi ignote? Forse. Ma sono appunto ignote
Rubrica 85 23.06.2009
RispondiEliminaMosca in Vaticano
E’ appena uscito il volume di Andrea Tornielli, “Paolo VI. L’audacia di un Papa” (Mondadori) che offre un’ampia documentazione sulla figura di Giovanni Battista Montini e sul suo pontificato. Merita l’attenzione e la discussione degli storici. Io, in questa rubrica, segnalo solo alcune perle che mi interessano – diciamo – personalmente.
Anzitutto dalla documentazione di Tornielli risulta più che confermato il “fatto” a cui, su queste colonne, ho dedicato una lunga inchiesta, ovvero la mancata condanna esplicita del comunismo al Concilio Vaticano II, conseguente a un preventivo accordo fra alcuni uomini del Vaticano e Mosca (accordo che di fatto ha espropriato il Concilio delle sue prerogative).
Tornielli aggiunge alla documentazione nota una lettera inedita del cardinale Tisserant, del 22 agosto 1962, che conferma tale “accordo” fatto sotto Giovanni XXIII.
Nelle pagine di Tornielli c’è pure la conferma della scorrettezza regolamentare con cui poi, al Concilio, si impedì la votazione della richiesta di condanna del comunismo firmata da oltre 400 Padri conciliari.
Infine l’autore rileva un ultimo fatto: “curiosamente, la circostanza (di questo accordo Roma-Mosca del 1962, di cui c’è traccia esplicita anche in un appunto di Paolo VI, nda) è taciuta o bollata come ‘infondata’ in molte ricostruzioni e nella più completa storia del concilio Vaticano II”. Sarebbe il caso che questi storici dessero serie spiegazioni.
Mea culpa
A cogliere l’enormità del caso è stato il cardinale Biffi in un suo libro recente: “Il comunismo è stato senza dubbio il fenomeno storico più imponente, più duraturo, più straripante del secolo ventesimo; e il Concilio, che pure aveva proposto una costituzione ‘Sulla Chiesa nel mondo contemporaneo’, non ne parla… Il comunismo (ed era la prima volta nella storia delle insipienze umane) aveva praticamente imposto alle popolazioni assoggettate l’ateismo, come una specie di filosofia ufficiale e di paradossale ‘religione di stato’; e il Concilio, che pur si diffonde sul caso degli atei, non ne parla.
Negli stessi anni in cui si svolgeva l’assise ecumenica, le prigioni comuniste erano ancora tutti luoghi di indicibili sofferenze e di umiliazioni inflitte a numerosi ‘testimoni della fede’ (vescovi, presbiteri, laici convinti credenti in Cristo); e il Concilio non ne parla.
Altro che i supposti silenzi nei confronti delle criminose aberrazioni del nazismo, che persino alcuni cattolici (anche tra quelli attivi al Concilio) hanno poi rimproverato a Pio XII” (Memorie e digressioni, Cantagalli 2007).
Segreti e segretari
Il libro di Tornielli precisa anche il momento in cui Paolo VI lesse il famoso terzo segreto di Fatima.
In un recente volume del cardinal Bertone si legge che Giovanni XXIII dopo averlo letto nel 1959 “lo rimandò al S. Uffizio”. Quindi “Paolo VI lo lesse il 27 marzo 1965”.
Tornielli mostra che invece papa Montini lo lesse già il 27 giugno 1963, ma trovandolo nell’appartamento pontificio, e lo prova proprio con la testimonianza che monsignor Capovilla ha recapitato al cardinal Bertone per la presentazione del suo libro.
Se papa Roncalli rispedì il testo al S. Uffizio nel 1959, quello che Paolo VI trovò nel 1963 nell’appartamento pontificio che testo era?
Siccome è documentata, da Bertone, anche la lettura che Paolo VI fece del Segreto nel 1965, facendolo prendere proprio dagli archivi del S. Uffizio, molti ritengono che potessero essere due parti diverse del Terzo segreto, che risultano anche da altri elementi.
C’è un’altra ipotesi: che esistessero due copie dello stesso segreto conservate in luoghi diversi. Infine, terza ipotesi, uno dei due potrebbe essere uno scritto di suor Lucia non ritenuto da Roncalli una rivelazione soprannaturale (a distanza di anni si potrebbe dirlo, così chiudendo definitivamente un caso). Possono esserci pure altre spiegazioni a noi ignote? Forse. Ma sono appunto ignote
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