giovedì 30 settembre 2010

Un agnostico anti UAAR: le radice cristiane viste da me.


di Marcello di Mammi.

Penso che sia giusto fare una precisazione: molto di quello che scrivo e che scriverò anche in seguito, sono mie opinioni personali o desunte da argomentazioni di professionisti seri, che possono non essere, e spesso non lo sono, in sintonia con l’attuale dottrina della Chiesa, ma credo che lo scopo principale di questa associazione, che è anche il mio, sia quello di rintuzzare gli assalti preconcetti e soprattutto politicizzati di ambienti atei, laicisti e negazionisti e quindi confido che queste mie dissonanze mi si perdoneranno, anche se preferirei che mi venissero controbattute.

Oriana Fallaci si dichiarava un’ “atea cristiana”, sembra una contraddizione ma non lo è. In questi giorni cade il capodanno ebraico, 5771 anni dalla data della creazione che, secondo le tradizioni ebraiche, risale al 3761 a.C.; col nostro calendario siamo nel 2010 d.C.,anche questa data è convenzionale, perché probabilmente errata di qualche anno; siamo nell’anno 2763 dalla fondazione di Roma, mi domando come si possano negare le radici giudaico cristiane e romane della nostra civiltà.

Solo delle persone culturalmente impreparate o, più probabilmente in malafede, come gli euroburocrati di Bruxelles, possono negare questa realtà storica. Che si sia credenti o meno non si può prescindere dalla nostra Storia, dalla nostra Cultura, dalla nostra Civiltà, che poi ci siano stati alti e bassi o conflitti questo, nei millenni, è inevitabile. La storia la fanno gli uomini e, spesso, non sono all’altezza di farla.

Giusto, giustissimo il discorso della Fallaci: atea perché non crede ma cristiana per cultura e tradizione.

Ed è questo il punto cruciale: perché la Chiesa ha abbandonato la sua tradizione? Una Santa Cattolica Apostolica Romana. Dopo il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha perso queste sue prerogative specialmente l’unità.

L’abbandono del latino (anche se,dopo tanti anni è stato parzialmente riabilitato da Benedetto XVI con un suo Motu Proprio), e il frantumarsi delle liturgie nei linguaggi locali, ha dato adito a movimenti disgreganti, favorendo un culto “fai da te” che, di fatto, indebolisce la Chiesa.

Gli attacchi alla Chiesa vengono da lontano e ci sono sempre stati, ma oggi hanno assunto una virulenza senza precedenti e perché? La chiesa, che non è il credere o la religione, ma l’istituzione che deve diffondere e difendere il credo, non può, come istituzione, essere buonista o tollerante con i propri nemici, ma è proprio quello che accade oggi. ”Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre” (Is 5, 20).

«Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato» (Gv, 2,13-16)

Anche se in forma allegorica i messaggi di Isaia e del Cristo sono forti e chiari. Direi che oggi ci siano troppe ambiguità, troppi scambi tra luci e tenebre, troppi mercanti che mettono in pericolo l’esistenza stessa della Chiesa, non è tollerabile che ci siano ecclesiastici che tifano islam, quando l’islam è notoriamente il principale nemico della nostra Civiltà, delle nostre tradizioni culturali oltre ad essere una religione prevaricatrice dei diritti umani e delle libertà.

Se fino ad oggi siamo stati cristiani o culturalmente cristiani, lo dobbiamo principalmente a S. Pio V, alla Lega Santa, alle vittorie di Lepanto e nella battaglia di Vienna e al sacrificio di migliaia di cristiani uccisi in queste battaglie: quando è necessario occorre mettere dei paletti ben solidi. Oggi questi paletti sono stati divelti. Questi attacchi laicisti principalmente alla Chiesa Cattolica, dimostrano che il “nemico” ritiene che Essa sia debole, non si capisce, infatti, il quasi totale silenzio degli atei sull’islam, se uno è ateo lo è per qualunque dio e per qualunque religione. Ho detto non si capisce, ma si spiega benissimo: si tratta di pura e semplice vigliaccheria

domenica 4 aprile 2010

Pasqua. Cristo è risorto

Pasqua 2010
Haendel: Cristo è risorto

venerdì 19 marzo 2010

Festività di San Giuseppe in Sicilia


Soprattutto in quest'ultimo mese, il post Festività di San Giuseppe in Sicilia è stato uno dei più gettonati del mio blog. E credo lo sia stato per quei siciliani internauti molto interessati alla festa. Nel post parlavo del paese di Acate, in provincia di Ragusa, e l'altro ieri mi ha fatto visita il sito di Natuscia lasciandomi il link per la Festa di San Giuseppe, che ad Acate è ancor oggi molto sentita.
Conosco bene quel paese, per esserci passato con mia moglie in viaggio di nozze. Lei aveva lì alcuni parenti e amici. Ed era stato in quell'occasione che avevo sentito parlare di questa festa, oltre ad aver sentito raccontare di tante altre storie di antiche tradizioni, che, in quella parte della Sicilia sud orientale ancora sopravvivono; tra cui, un rarissimo filmato amatoriale, che credo sia andato perduto, dall'emblematico titolo di "Là dove il tempo si è fermato". Tempo permettendo, scavando nella memoria, cercherò di raccontare qualcosa di quel filmato nel proseguo del blog.
Per stare in tema con la giornata, dedicata alla festa dei papà, ed in primis di San Giuseppe, che di Gesù è stato il padre putativo, ripropongo un brano di quell'articolo pubblicato l'anno scorso.

"Nella tradizione siciliana, la festività di San Giuseppe - qui venerato per essere il protettore degli orfani, i poveri e le ragazze nubili - è particolarmente sentita per le intercessioni e le grazie ricevute da parte del padre putativo del Cristo; per Acate è una ricorrenza ancor più speciale. Per l'occasione si usa preparare un pranzo, detto "pranzo sacro", offerto simbolicamente a tre persone particolarmente bisognose del paese, che rappresentano la Sacra Famiglia.
Il banchetto, allestito oggi all'interno delle case, si svolge su di una grande tavola dove, ai "tre santi", vengono servite svariate pietanze".


La festa, a quel che mi è dato di conoscere, tocca, a volte, vette di grande carità cristiana. Ho conosciuto il caso di una vedova di uno di quei paesi della Sicilia sud orientale che, pur nella sua ristrettezza, qualche anno fa, per adempiere ad un voto, aveva organizzato un fastoso "pranzo sacro". Secondo un'antica tradizione chi ha fatto quel voto si deve impegnare pubblicamente a dare vitto e alloggio per quel giorno alla famiglia più povera del paese; e le porte di quella casa, per quel giorno, devono restare spalancate e accessibili a chiunque voglia assistere e "guardare in faccia" i membri della "Sacra famiglia". La scelta della famiglia viene fatta di comune accordo col parroco del paese, e quell'anno, alla nostra vedova, era toccato dare vitto e assistenza alla famiglia di un carcerato. Questa, rimasta senza sostegno, dopo l'arresto del capofamiglia, era caduta nella misera più nera. A quel punto era stato ovvio far cadere la scelta su quella famiglia, rimasta senza alcun sostegno economico. Il pranzo venne ufficializzato e, come sempre, se ne diede ampia pubblicità con vari mezzi, in primis quello dell'annuncio in chiesa. In deroga all'obbligo di festeggiare la "Sacra famiglia" a porte aperte, il parente in carcere aveva però ottenuto di far effettuare i "festeggiamenti" a porte chiuse. Pur nella disgrazia, nella sua dignità non volle che i suoi familiari mostrassero agli altri il volto della povertà. Tutte le cibarie rimaste di quella festa, e molto altro di più, furono consegnati a quella famiglia, che trovò così di che sfamarsi per i giorni e giorni successivi. Credo anche che quella piccola comunità, che aveva aiutato nell'allestimento di quella festa, si sia poi presa in carico di assistere quei bambini: affinchè le colpe dei padri non ricadano sui figli.
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Questo è il mio modesto contributo alla festa che anche quest'anno si sta svolgendo in quel paese. A quelle famiglie in festa, padroni di casa, vicini che collaborano, e ospiti, porgo i miei più sentiti auguri per una buona riuscita.
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La foto sopra è tratta dal sito http://www.touribleo.com/tour/

domenica 31 gennaio 2010

Largo di Handel

Largo di Handel, qui in versione per orchestra. Su YouTube esistono tante altre versioni: per organo, per piano, per coro, per solista lirico, tenore o soprano, ecc. C'è solo l'imbarazzo della scelta. L'ho ascoltato stamattina in versione canto liturgico, nel corso della messa televisiva su Rai1. Corredato di un testo religioso ricco di accattivanti suggestioni, con ringraziamenti rivolti a Dio, mi ha profondamente commosso.
E' un canto capace di trasmettere gioia e letizia. Buon ascolto.

martedì 5 gennaio 2010

L'enigma della stella di Betlemme



martedì, 05 gennaio 2010


L'enigma della stella di Betlemme
Da Storia libera traggo questo interessante brano di Vittorio Messori, tratto da "Ipotesi su Gesù", SEI:

Viene ancora dall'archeologia un'altra serie di strane testimonianze. Noi oggi sappiamo con sicurezza che la più celebre astrologia del mondo antico, quella babilonese, non soltanto era anch'essa in attesa del Messia dalla Palestina.

 Ma ne aveva previsto la data con una precisione ancor maggiore di quella degli esseni. Ecco qui di seguito la vicenda: libero ciascuno di trarne le conclusioni che gli pare.
Tutto parte dalla stella (il testo non parla mai di cometa, come molti credono) che avrebbe brillato nel cielo di Betlemme alla nascita di Gesù e dal conseguente arrivo di certi magi dall'Oriente. Così, almeno, quanto si racconta nel vangelo di Matteo.
Non si è naturalmente raggiunta la certezza che le cose si siano davvero svolte come raccontato da Matteo, né si giungerà mai a questa sicurezza: è però certo che l'ipotesi che si tratti di un racconto simbolico deve fare i conti con una serie di scoperte effettuate nell'arco degli ultimi tre secoli.
Pare intanto provato ormai scientificamente che gli astrologi babilonesi (quasi certamente i magi di Matteo) attendevano la nascita del «dominatore del mondo» a partire dall'anno 7 a.C. Questa data, con l'anno 6 a.C., è tra quelle che gli studiosi danno come più sicure per la nascita di Gesù. Il monaco Dionigi il Piccolo, infatti, calcolando nel 533 l'inizio della nuova era, si sbagliò e posticipò di circa 6 anni la data della Natività.
In questa luce, acquistano nuovo suono i due versetti del secondo capitolo di Matteo: «Nato Gesù in Betlemme di Giuda, al tempo del re Erode, ecco dei magi arrivare dall'oriente a Gerusalemme, dicendo: "Dov'è nato il re dei Giudei? Abbiamo veduto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo"».
Ecco le tappe che avrebbero portato a chiarire il perché dell'arrivo e della domanda dei magi. Una vicenda che ha quasi il sapore di un «giallo».
Nel dicembre del 1603 il celebre Keplero, uno dei padri dell'astronomia moderna, osserva da Praga la luminosissima congiunzione (l'avvicinamento, cioè) di Giove e Saturno nella costellazione dei Pesci. Keplero, con certi suoi calcoli, stabilisce che lo stesso fenomeno (che provoca una luce intensa e vistosa nel cielo stellato) deve essersi verificato anche nel 7 a.C. Lo stesso astronomo scopre poi un antico commentario alla Scrittura del rabbino Abarbanel che ricorda come, secondo una credenza degli ebrei, il Messia sarebbe apparso proprio quando, nella costellazione dei Pesci, Giove e Saturno avessero unito la loro luce.
Pochi diedero qualche peso a queste scoperte di Keplero: prima di tutto perché la critica non aveva ancora stabilito con certezza che Gesù era nato prima della data tradizionale. Quel 7 a.C., dunque, non «impressionava». E poi anche perché l'astronomo univa troppo volentieri ai risultati scientifici le divagazioni mistiche.
Oltre due secoli dopo, lo studioso danese Münter scopre e decifra un commentario ebraico medievale al libro di Daniele, proprio quello delle «settanta settimane». Münter prova con quell'antico testo che ancora nel Medio Evo per alcuni dotti giudei la congiunzione Giove-Saturno nella costellazione dei Pesci era uno dei «segni» che dovevano accompagnare la nascita del Messia. Si ha così una riprova della credenza giudaica segnalata da Keplero che, con le «date» di Giacobbe e di Daniele, può avere alimentato l'attesa ebraica del primo secolo.
Nel 1902 è pubblicata la cosiddetta Tavola planetaria, conservata ora a Berlino: è un papiro egiziano che riporta con esattezza i moti dei pianeti dal 17 a.C. al 10 d.C. I calcoli di Keplero (già confermati del resto dagli astronomi moderni) trovano una conferma ulteriore, basata addirittura sull'osservazione diretta degli studiosi egiziani che avevano compilato la «tavola». Nel 7 a.C. si era appunto verificata la congiunzione Giove-Saturno ed era stata visibilissima e luminosissima su tutto il Mediterraneo.
Infine, nel 1925 è pubblicato il Calendario stellare di Sippar. E' una tavoletta in terracotta con scrittura cuneiforme proveniente appunto dall'antica città di Sippar, sull'Eufrate, sede di un'importante scuola di astrologia babilonese. Nel «calendario» sono riportati tutti i movimenti e le congiunzioni celesti proprio del 7 a.C. Perché quell'anno? Perché, secondo gli astronomi babilonesi, nel 7 a.C. la congiunzione di Giove con Saturno nel segno dei Pesci doveva verificarsi per ben tre volte: il 29 maggio, il 1° ottobre e il 5 dicembre. Da notare che quella congiunzione si verifica soltanto ogni 794 anni e per una volta sola: nel 7 a.C., invece, si ebbe per tre volte. Anche questo calcolo degli antichissimi esperti di Sippar fu trovato esatto dagli astronomi contemporanei.
Gli archeologi hanno infine decifrato la simbologia degli astrologi babilonesi. Ecco i loro risultati: Giove, per quegli antichi indovini, era il pianeta dei dominatori del mondo. Saturno il pianeta protettore d'Israele. La costellazione dei Pesci era considerata il segno della «Fine dei Tempi», dell'inizio cioè dell'era messianica.
Dunque, potrebbe essere qualcosa di più di un mito il racconto di Matteo dell'arrivo dall'Oriente a Gerusalemme di sapienti, di magi, che chiedono «Dov'è nato il re dei giudei?».
E' ormai certo, infatti, che tra il Tigri e l'Eufrate non solo si aspettava (come in tutto l'Oriente) un Messia che doveva giungere da Israele. Ma che si era pure stabilito con stupefacente sicurezza che doveva nascere in un tempo determinato.

Quel tempo in cui, per i cristiani, il «dominatore del mondo» è veramente apparso
Qui potete trovare un interessante dossier sull'argomento

Postato da Anna
http://annavercors.splinder.com/post/21997612/L%27enigma+della+stella+di+Betle